Regia di Michael Sarnoski vedi scheda film
DI confezione superiore alla norma e media degli horror attuali per adolescenti svogliati richiamati da stracche visioni estive, d tipo Blumhouse e intrisi di ideologia Woke, tanto per intenderci, questo terzo capitolo della trilogia di "A Quiet Place", ma con diversi personaggi rispetto ai primi due e spin-off della stessa, conferma una certa sua specificità rispetto al magma indistinto della produzione di horror degli ultimi anni post-2020.
L'ambientazione newyorkese apocalittica conferisce sempre quel di più, se sfruttata con gusto, essendo fin dagli inizi della fantascienza "adulta" la città perfetta con ogni suo scorcio e strada, fino alla cartellonistica stradale, per ambientazioni di grande fascino e respiro visivo.
Nel cinema moderno molto se non tutto quello che si può, viene ricostruito digitalmente e questo anche qui spesso ingombra un pò la genuinità degli sfondi urbani di strade e blocks che anche conosco e so riconoscere, inoltre non si capisce perché insistere con questa fotografia desaturata dai toni predominanti sul grigio acciaio, e in cui colori forti e accesi diventano dei gialli senape, e ocra.
Per una volta la protagonista nera, e perdipiù anche malata terminale, non è messa lì al servizio di soliti discorsi colpevolisti anti-razzisti, ma più per solamente anche ricollegarsi ad altri celebri protagonisti neri del nuovo horror americano anni '60-'70 e oltre, e dello stesso filone post-apocalittico.
Il simpatetico e silenziosissimo gatto, terzo vero protagonista, con tutta l'acqua dell'Hudson che beve nel finale, piglierà la polmonite felina a dir poco.
John Nada
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