Regia di Tony Kaye vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 19: CONCORSO PROGRESSIVE CINEMA
Un platinato personale trainer sfaccendati ed in cerca di fortuna, escogita un bizzarro cappello sulla falsariga di quello indossato da Brad Pitt in Troy, per tentare un colpaccio di una vendita online ove gli si attribuiscono proprietà terapeutiche di carattere fisico e psicofisico.
Lo incoraggerà la provocante segretaria di una perplessa manager che deciderà poi di abbandonare il progetto, e in otto vorticosi giorni il giovane scapestrato, costretto a vivere dalla madre dopo essere stato cacciato dai personaggi più illustri di una Hollywood elitaria e pretenziosa (tra costoro Lenny Kravitz, che interpreta stoicamente se stesso), divenendo pressoché indigente.
Sbugiardato e ridicolizzato, finirà per trarre da queste ultime impressioni la forza per riuscire a crearsi un sold out di articoli ancora da pagare, salvandosi proprio all'ultimo momento grazie ad un imprevedibile consenso di massa.
Vito Schnabel sceneggia ed interpreta lo sciroccato protagonista di questa bizzarra e strampalata vicenda, che ha tuttavia il merito di riportare in regia Tony Kaye, l'autore del film cult American History X, ormai da troppo tempo assente dal cinema e più dedito alla regia di videoclip musicali.
Ma The Trainer, col suo stile indie reiterato e fastidioso, tipico della famiglia di artistoidi probabilmente dotati, ma dalla scarsa visione ed impostazione cinematografica come sono gli Schnabel a partire dal padre Julian, non convince mai, né tantomeno diverte in modo genuino, nonostante il coinvolgimento nel cast di personaggi talentuosi e di spicco come Gina Gershon, Beverly D'Angelo, Stephen Dorff, Paris Hilton e addirittura Gus Van Sant e Sharon Stone, quasi tutti nei panni di loro stessi.
Con uno stile pseudo-documentaristico ove tutto pare lasciato al caso, il film bislacco e piacione cerca di catturare col suo tocco sornione e descrive un'America completamente succube dell'offerta commerciale più spregiudicata e ingannevole, senza tuttavia andare veramente a fondo della problematica e limitandosi a fare una facile ironia su un fenomeno di massa critico ed ormai probabilmente fuori controllo.
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