Regia di Ginevra Elkann vedi scheda film
AL CINEMA
Fa caldo per essere a gennaio.
Anzi molto caldo.
Non stiamo descrivendo il nostro già sconvenientemente mite inverno in corso. Il secondo film che vede impegnata Ginevra Elkann è ambientato in un mese di gennaio in cui le temperature toccano record degni di un recente nostro ferragosto.
L'aria rarefatta, vapori che rendono l'ambiente appannato come all'interno di una gigantesca sauna, in cui luci soffuse rendono tutto sfocato e umido.
In questo contesto apocalittico emergono le già tormentate esistenze di alcuni controversi personaggi, a cui l'ondata anomala ed improvvisa di calore non apporta particolari benefici.
Gianna (Valeria Bruni Tedeschi) è una cinquantenne che vive ossessionata ed invidiosa di Pupa (Valeria Golino), nei confronti della quale deve rispettare un ordine restrittivo dopo più di una denuncia infertale da quest'ultima, una stravagante pornostar che le ha fatto le scarpe tempo prima, e che la fa vivere di rancori e meditate vendette.
Costei ha una figlia di nome Mia, che sopravvive improvvisandosi badante di un'anziana nobildonna (Marisa Borini, madre nella realtà della Bruni Tedeschi) e affoga nel cibo la propria latente insicurezza.
La mite Caterina (Alba Rohrwacher) sopporta pure lei l'imposizione di un altro ordine restrittivo: quello che il suo ex marito (Riccardo Scamarcio) ha ottenuto per tenerla lontana dal loro figlio Max, in quanto ex alcolizzata.
Uno status che la donna cerca di portarsi alle spalle frequentando corsi organizzati in parrocchia da un prete italoamericano di nome Bill (Danny Houston).
Ma pure costui vive i suoi crucci, le sue dipendenze, prima tra tutte quella dalla droga. Il sopraggiungere in città della sorella Fran (Greta Scacchi) dagli Stati Uniti, gli impone il compito di posare le ceneri della genitrice di entrambi.
Ma il gesto non può che portare alla luce ricordi e sensazioni tutt'altro che piacevoli per entrambi i fratelli.
Il malessere interiore che pervade vite allo sbando, compromesse da disillusioni e veri e propri fallimenti di vita e di ideali, si trasforma in un calvario fisico che mina le speranze di un ritorno alla serenità, ed alimenta quella che da psicosi, si sta trasformando in una minaccia reale e quanto mai sintomatica di questi nostri ultimi e sinistramente troppo miti inverni. Attraverso un paradosso ormai neppur troppo avveniristico, la Elkann descrive bene e senza soluzioni accomodanti una serie di derive morali che la grande afa trasforma presto in altrettanti calvari penitenziali fisici.
Te l'avevo detto si dimostra così, già dal cast riuscito e per nulla scontato (soprattutto grazie ai due interpreti internazionali Houston + Scacchi), un film che funziona e che non mira a facili consensi, giocando sulle nevrosi e il panico che il disagio produce su persone afflitte da derive emozionali che li conducono verso un completo isolamento.
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