L'azione si svolge nel 2070 e, come nel film leggendario, capostipite ed inimitabile Blade Runner, l'Intelligenza Artificiale (AI) ha in gran parte integrato, se non sostituito, la manualità umana in molti contesti del vivere quotidiano.
Il tutto fino a che lo scoppio di una bomba atomica ha raso al suolo quasi interamente la città di Los Angeles, come frutto di un'azione di ribellione delle macchine che intendono sostituirsi all'uomo, anelandone la perfetta fragilità che si rivela come l'ingrediente di base per caratterizzare quell'umanità che resta l'unico tassello ineguagliabile per l'essere artificiale.
Per questo gli esseri umani sopravvissuti all'esplosione, si sono alleati per combattere l'AI e sterminare i robot ribelli che si sono nel frattempo organizzati e vivono clandestinamente nell'emisfero orientale del pianeta.
L'ex agente delle forze speciali Joshua (John David Washington), pur amputato in varie parti del corpo sostituite da gadgets non molto diversi come concezione da ciò che anima le macchine, e devastato psicologicamente a seguito della morte dell'amata consorte (Gemma Chan), caduta vittima di un attentato ordito dalle macchine, viene mandato a guidare l'avamposto incaricato di distruggere il creatore di tutto il progetto inerente l'AI, fino a scoprire che l'arma sofisticata posta in essere dall'abile scienziato ha preso forma sotto le spoglie di una bambina in grado di sprigionare sentimenti e reazioni ben diversi da ciò che ispirano in genere le altre macchine nemiche e desiderose, più di ogni altra cosa, di sostituirsi alla razza umana.
The Creator, film ad alto budget e notevoli scene madri che segna il ritorno in regia del cineasta britannico Gareth Edwards (Godzilla, 2014 e Rogue One: A Star Wars Story, 2016) rimanda inevitabilmente e pericolosamente la storia che sta alla base del proprio script al film capostipite di Ridley Scott già citato sopra, che continua a rivelarsi, ora più che mai, al di sopra di ogni confronto possibile, anche nei confronti del suo tardivo sequel di alcuni anni orsono ad opera di Villeneuve.
Il film cerca di rappresentare il lato più accattivante dell'AI, che assume non a caso le fattezze accattivanti ed altamente empatiche di una bimba , in grado di rendersi sempre più accattivante e, come tale, sempre più assimilabile ad un essere umano da parte dello stesso essere vivente umano che si trova ad interagire con lei.
Il film, forte di scene madri piuttosto ben orchestrate e di potente impatto emozionale, sviluppa sin troppo parte della sua storia concentrandosi sull'enigmatica personalità di macchine che, con lo sviluppo della storia, paiono sempre più come gruppi di reietti ingiustamente considerati con una intolleranza preconcetta che li assimila a inferiori discriminati da una umanità che, pur nella sua galvanizzante fragilità, ha imparato a diffidare per partito preso e odia a comando, guidata da preconcetti e da posizioni sin troppo preimpostate.
Questo concetto appare sin troppo reiterato, ed il film finisce per soffrirne, col rischio di banalizzarsi, anche con l'evoluzione davvero troppo poco credibile della vicenda personale dell'attonito protagonista (Washington continua a rivelarsi un attore decisamente troppo inespressivo per convincere mai appieno) e perdendo certo molto di quell'appeal che inizialmente la storia poteva riservare.
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