Regia di Oz Perkins vedi scheda film
La giovane agente dell'FBI Lee Harker (Maika Monroe) e il suo superiore (Blair Underwood) lavorano al caso del serial killer noto come Longlegs (Nicolas Cage). Quest'ultimo è collegato a una serie di omicidi che coinvolgono molteplici famiglie, le cui dinamiche risultano però poco chiare. Per la ragazza, l'indagine sarà l'inizio di una lenta discesa negli Inferi. Questa è, in soldoni, la trama di Longlegs, pellicola del 2024 scritta e diretta da Osgood "Oz" Perkins, figlio del celebre Anthony, attore protagonista di Psyco di Alfred Hitchcock. Per il figlio d'arte si tratta del quarto film da regista, dopo February - L'innocenza del male (2015), Sono la bella creatura che vive in questa casa (2016) e Gretel e Hansel (2020).
Si è fatto un gran parlare della somiglianza di questa storia con quella de Il silenzio degli innocenti, ed effettivamente le analogie ci sono. In entrambi i film la protagonista svolge una professione tradizionalmente maschile, si ritrova alle prese con un pericoloso psicopatico effemminato, rischia di non essere presa sul serio dai superiori per via delle conclusioni a cui giunge durante le indagini. Una grande differenza sta però nel fatto che il film di Jonathan Demme tendeva più verso il thriller, mentre Longlegs è dichiaratamente e visivamente un film dell'orrore. Un ottimo film dell'orrore potremmo aggiungere, che punta su un tema che negli Stati Uniti faceva (e per certi versi fa ancora) scalpore: il satanismo. Naturalmente i tempi sono cambiati, le famigliole borghesi fissate con il cattolicesimo che vedevano Satana nei fotogrammi delle pellicole sono una vecchia realtà o si sono tramutate nell'ennesima invenzione hollywoodiana. Tuttavia, Oz Perkins riesce a raccontarci una storia malefica con la giusta sensibilità e senza mai cadere nel ridicolo o nel già visto. Questo perché gira con indubbia tecnica e lo dimostra sin dai primi minuti, dato che già solo il prologo del film trasmette inquietudine mista a curiosità di visione. Pur non muovendo molto la telecamera, Perkins sa molto bene come e cosa inquadrare, andando a costruire una tensione che cresce di intensità nel momento più opportuno. Gli espedienti utilizzati, dalla manipolazione del formato dell'immagine alla profondità di campo, si fanno architetti di visioni diaboliche e agghiaccianti, complice l'uso di una fotografia dai colori spenti e un senso di vuoto che traspare dalla visione.
Ad allontanare Longlegs da Il silenzio degli innocenti ci pensa anche l'assenza di una (pur contorta) figura di riferimento, che nel film del 1991 era incarnata dal famoso Hannibal Lecter di Anthony Hopkins. Qui, invece, la nostra protagonista si porta dietro un costante senso di solitudine, che non le impedisce di affrontare il pericolo ma la rende più umana nelle sue tenere fragilità. Maika Monroe interpreta bene il suo personaggio, permettendoci di empatizzare con esso, specie nei momenti più delicati. L'attenzione che il film ha ricevuto va comunque attribuita all'ingaggio di Nicolas Cage che, tra l'altro, figura tra i produttori. Ebbene, il caro vecchio Cage è molto ben calato nella parte. Il suo Longlegs è una figura affascinante quanto il peccato, esibisce la follia di un indemoniato e vanta un carisma che ci permette di prenderlo sul serio anche nelle situazioni più esagerate. Chiunque sia il responsabile del trucco ha fatto un ottimo lavoro nel conferire a Longlegs l'aspetto che ha. L'estetica macabra del killer fa pendant con l'atmosfera del film ed entrambe generano il lugubre piacere di seguire gli eventi fino alla fine.
Naturalmente il film non è privo di difetti ma certamente si tratta di un horror superiore a ciò che ci offre il mainstream, troppo spesso infestato da robetta dimenticabile e poco affascinante. Perkins, invece, si impegna e porta sul grande schermo una storia satanica meritevole di essere presa sul serio e che funziona molto più che discretamente.
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