Regia di Mahalia Belo vedi scheda film
Una sceneggiatura sgrammaticata inserisce personaggi privi di qualsiasi nerbo, che appaiono con lo scopo di sparire dopo aver fatto piattamente da spalla in un racconto comunque reticente, che si disinteressa del contesto sociale, politico o ambientale.
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The End We Start From inizia con una dissolvenza in bianco: è l'interno di una vasca che viene riempita di acqua. La prospettiva muta passando all'esterno, e subito a spiccare è il pancione della donna che sta facendo il bagno. È chiaro che le doglie siano imminenti, ma lo è altrettanto che la casa sia in pericolo: non certo per l'acqua che è dentro la vasca, bensì per quella che sta scendendo a litri fuori, dal cielo, e che inizia a infiltrarsi da sotto la porta d'ingresso. In un batter di ciglia, dalle immagini della donna che chiama invano, disperata, il servizio ambulanze, collassato e fuori uso per l'emergenza, l'azione riparte dall'ospedale, dove è arrivata non si sa bene come (forse fluttuando): giusto in tempo per mettere al mondo il bimbo, presentarlo al suo uomo arrivato nel frattempo, e, su suggerimento dell'ostetrica, andare a fare pipì e magari, nel frattempo, decidere con lui un nome da dargli, dato che per nove mesi pare non lo avessero fatto.
Le notazioni ironiche che accompagnano la descrizione di questi primi minuti, sono figlie di una indeterminatezza che, purtroppo, è la cifra dominante del film tutto. È facile pensare che a un certo punto le ambulanze abbiano in qualche modo ripreso a funzionare, o che il primo segmento fosse solo un ricordo confuso, come è plausibile ipotizzare un passato burrascoso nella coppia, o più semplicemente la loro scelta di non definire in anticipo il nome del nascituro, o magari una lite sull'antroponomastica: tutto però, in The End We Start From di Mahalia Belo, è lasciato in una vaghezza che non ha nulla a che fare con la sospensione, con il pathos o con il mistero.
Voci dai telegiornali aggiornano ciclicamente lo spettatore su un disastro ambientale che ha sommerso mezza Londra, con la casa di lei e di lui che è chiaramente parte di questa conta. Costretti a spostarsi di continuo per sopravvivere, presto la donna e il poppante si trovano separati anche dall'uomo, che resta comunque presente in numerose stucchevoli e ripetitive apparizioni, così come in scialbi flashback a scoppio ritardato. Nel frattempo, una sceneggiatura sgrammaticata inserisce personaggi privi di qualsiasi nerbo, che appaiono con lo scopo di sparire dopo aver fatto piattamente da spalla in un racconto comunque reticente, che si disinteressa del contesto sociale, politico o ambientale, e sembra voler andare di pari passo con la psiche devastata della protagonista senza avere minimamente la forza per entrare in empatia con il suo dolore.
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