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Civil War

Regia di Alex Garland vedi scheda film

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La recensione su Civil War

di mck
8 stelle

Dream Baby Dream, ovvero: la Compagnia dell'Anello (Adattatore).

 

 

Born to Shoot.

 

Scatta, Jessie, scatta. (Felicitazioni.)

 

A distanza di mezzo secolo la reflex Nikon F2 riesce nuovamente ad immortalare la Storia.

A distanza di trent’anni le mani e gli occhi ripercorrono e riproducono automaticamente (e il naso lo ricorda) il processo: sviluppo (agitare), arresto (agitare), fissaggio (agitare), imbibizione (a piacere).

A distanza nulla: scanner portatile predisposto per smartphone con apposita applicazione.

 


“Noi fotografiamo in modo che siano gli altri a porsi le domande.”

 

(Ricordandosi della Susan Sontag di "On Photography", 1973.)

Per il primo film “di regìa” (oltre allo stile e alla forma preponderanti e necessari per traslare il contenuto e la sostanza della zona vandermeeriana restituendola nella sua essenza qui vi è anche la “pura” azione, pur senza raggiungere gli apici giroscopici di un cuaróniano “Children of Men”) di Alex Garland (da lui eccellentemente come sempre scritto), fin’ora soprattutto un autore di cinema delle idee (“Ex Machina”, “Annihilation”, “DEVS”, “Men”), principiare con un test audio dei canali stereo non è affatto malaccio.

 

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“Se mi sparassero scatteresti una foto in quel momento?”

 

(Ricordandosi della Susan Sontag di "Regarding the Pain of Others", 2003.) 

E proseguire con la rappresentazione della kubrickiana definizione dell’arte cinematografica, ovvero “la fotografia di una fotografia della realtà” che la Lee Smith di Kirsten Dunst (in attesa della Lee Miller di Ellen Kuras e Kate Winslet) mette in scena puntando il “cannone” verso lo schermo di una TV sintonizzata s’una trasmissione in diretta di una dichiarazione dell’attualmente ucronico PotUS(oA) pre/post/infra-trumpiano (con unitalica spruzzata renzi-calendiana a piacere, così, tanto per gradire) al suo terzo mandato anticostituzionale, mentre gli effetti di un’onda d’urto dalle cupe vampe esplodenti sullo sfondo dello skyline della City...

[lo Stato di New York è presidenzialista e la resistenza si esprime con attentati terroristici kamikaze, mentre la California – “quella” di Arnie/Schwarzy che nel 2003 ha espresso 5 milioni di voti repubblicani e 3 milioni di voti democratici – e il Texas (quello per autoadozione di Cormac McCarthy), con l’aiuto di Montana & C. e di Florida & C. ("praticamente" - si fa per dire - un ribaltamento degli schieramenti di Unione e Confederati nella guerra civile di secessione americana scoppiata al di là dell’Atlantico subito dopo il mediterraneo Sbarco dei Mille), stanno cercando di riportare lo status quo al livello precedentemente “normale”]

...attraversano gli isolati raggiungendo la vetrata dell’hotel frequentato dalla stampa e oltrepassandola colpiscono i cristalli liquidi o il plasma, lo è altrettanto.

 


“Qualcuno sta cercando di ucciderci. E noi cerchiamo di uccidere loro.”

L’icastico cast (una picaresca Compagnia dell’Anello… adattatore) composto da Kirsten Dunst (Interview with the Vampire, the Virgin Suicides, Spider-Man, Eternal SunShine of the Spotless Mind, Marie Antoinette, Melancholia, Fargo 2, Midnight Special, the Beguiled, Woodshock, On Becoming a God in Central Florida, the Power of the Dog), Wagner Moura (“Shining Girls”), Cailee Spaeney (già in DEVS e poi in "Mare of EastTown"), Stephen McKinley Henderson (già in DEVS oltre che in Lincoln, Lady Bird, Dune: Part One, Causeway e Beau Is Afraid), Jesse Plemons (“the Master”, “Breaking Bad”, “Olive Kitteridge”, “Fargo - 2”, “Black Mirror: USS Callister”, “the IrishMan”, “I'm Thinking of Ending Things”, “Killers of the Flower Moon”, “Kinds of Kindness”, ma solo in “El Camino” e dintorni risulta più disturbante), Nick Offerman (già in “DEVS” e prima in “Parks and Recreation” e “Fargo 2” e poi in “the Resort” e nel “Long, Long Time” di “the Last of Us”), Sonoya Mizuno (attrice feticcio del regista) e Jefferson White (“YellowStone”) funziona a meraviglia...

 

 

...così come la fotografia (che varia dall’1.85:1 tradizionale all’1.90:1 IMAX) di Rob Hardy, il montaggio di Jake Roberts e le musiche originali di Geoff Barrow (PortisHead) e Ben Salisbury, tutti sodali collaboratori di sempre del regista, più una track list entomo-chirurgica composta da una manciata di canzoni di repertorio miliari a segnare il viaggio (le preponderanti riprese in esterna sono state effettuate principalmente nei dintorni di Atlanta, Georgia) non lineare da New York a Washington allungandola un po' assecondando le linee del fronte passando per Charlottesville: "LoveFingers" dei Silver Apple, "Breakers Roar" di Sturgill Simpson e "Rocket U.S.A." e "Dream Baby Dream" dei Suicide.

 

 

“Che tipo di americani siete?”

Questo secondo ( e “non” satirico) “the Second Civil War” (Joe Dante e Martin Burke, HBO, 1997), distribuito a -200 gg. dall’ora X, funziona tanto dal PdV del “lo famo” quanto da quello del “lo dimo”, e non era scontato. Come la realtà.

 

 

("Non lasciare che mi uccidano.")
“Sì, questo andrà bene.”                          

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