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Conclave

Regia di Edward Berger vedi scheda film

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La recensione su Conclave

di lamettrie
8 stelle

Intenso. Serio. Appassionante. Chiaro.

Potrebbe benissimo rappresentare un qualunque conclave dei nostri tempi, e non solo, questo thriller di Berger, tratto da un – evidentemente – molto efficace romanzo di Harris.

I punti utili sono parecchi, ma forse uno lo è più di tutti: le logiche elettorali. Le quali vengono scandagliate alla perfezione, nell’ottica della presa del potere, ben al di là della competizione al papato qui perfettamente descritta. Le alleanze incrociate contro un nemico; la necessità, eterna, di premiare il migliore, al di là dei compromessi; la difficoltà nel fare ciò, e dunque la necessità, spesso incontrata, di dover premiare nient’altro che il meno peggio.

L’ambizione eccessiva come grande male è ben rappresentato, così come l’eccesso di zelo di chi è meritevole di elogi eppure si sente (nel complesso) indegno di rivestire una carica. Quest’ultimo è un aspetto tipico del cristianesimo: e qui si mostra come tale umiltà sia affettata oppure sincera.

Tanto altro emerge. Come la scelta psicologica – anch’essa tipica del cristianesimo come si è mostrato nella storia - di sfruttare la debolezza di molti. Oppure la manipolazione, con tutta la scorrettezza che ne segue, che deve essere tanto più nascosta quanto più efficace.

Ma anche l’incidenza delle apparenze: in tanti casi si possono fare al massimo delle illazioni, che non permettono certezze. Scetticismo, quanto meno parziale, obbligato, anche per come emerge dal potere cattolico.  

O ancora: l’invisibilità che la Chiesa chiede alle donne, tenendole inferiori.

Infine, gli eventi eccezionali, che molte strutture di potere cercano di sfruttare (se non di di creare) al fine di strumentalizzarli: così vengono convertiti in variabili elettorali, da usare scorrettamente.

Detto dell’aspetto psicologico, ottimo e impressionante, bisogna ricordare molti aspetti squisitamente tecnici: il ritmo; le musiche di Bertelmann; la scenografia.

Ma anche l’interpretazione di tutti: Tucci… Eppure, in questa produzione anglosassone, spicca quella di un italiano, Castellitto. Del resto l’elemento cattolico si identifica, sociologicamente, soprattutto con quello italiano, come è noto; e non certo solo per Roma. E l’attore romano incarna alla perfezione l’ecclesiastico reazionario, integralista, retrivo, oscurantista. Tutti i peggiori vizi della Chiesa sono compendiati dentro di lui, che incarna i mali del sovranismo, il quale sovente è stato adottato dalla Chiesa medesima, in chiave conservatrice: chiusura mentale, razzismo, omofobia. Che antepone il potere all’amore incondizionato, al diritto del sofferente e del bisognoso, alla legittima richiesta dello svantaggiato… tutti aspetti che il Vangelo invece obbliga               

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