Regia di Edward Berger vedi scheda film
Conclave è un film che fin dall'inizio sembra tantissimo un classico un po' perché siamo ormai disabituati a questo genere di pellicole e un po' perché si muove con una certa eleganza autoriale pur volendo parlare a un pubblico il più trasversale possibile, trasformando l’elezione del Papa in una Pope fiction mistery di fantapolitica alla House of Cards (o alla Succession) per quel genere di intrighi istituzionali solitamente associate a società segrete e/o alla rete dello spionaggio internazionale, materie poi in cui lo sceneggiatore Peter Straughan, già autore de L’uomo che fissa le capre, La talpa e la miniserie TV Wolf Hall, si trova decisamente a suo agio.
"Sia fatta la volontà di Dio!" O quasi.
Basta poco, infatti, per comprendere che nella pellicola le liturgie millenarie della Chiesa Cattolica siano osservate con uno sguardo estemporaneo, forse anche affascinato in quanto viste soprattutto come pratiche esotiche, strane e misteriose, mentre invece la Chiesa e il Papato come un mistero quasi insondabile e meritevole quindi di sospetti e, soprattutto, di indagine.
Si potrebbe infatti facilmente comparare la ristretta cerchia della Chiesa cattolica a una specie di società segreta e parte del divertimento consiste infatti nel seguirne i diversi colpi di scena, come anche le rivelazioni di segreti scottanti e/o dei vari tradimenti alternati ad arcani rituali e alle tuniche color porpora degli alti prelati, presentando il conclave come Il trono di Spade o rendendo questi cardinali come litigiosi arrampicatori sociali.
Nel caso di Conclave, però, e a partire proprio dal materiale di partenza, non si deve scambiarlo per alta letteratura, né le scenografie eleganti e un gruppo di selezionatissimi attori internazionali di altissimo profilo devono far pensare al film come a qualcosa di diverso da un prodotto di intrattenimento puro e semplice, non molto dissimile dai racconti di Dan Brown o del nostro Valerio Massimo Manfredi.
Conclave trasforma così la millenaria liturgia ecclesiastica in una intrigante detective story, senza però rinunciare a uno stile (ecumenico?) autorevole, con una regia essenziale, rigorosa ma privo di personalità, per un compitino hollywoodiano che però strizza molto l’occhio alla serata degli Oscar.
Berger crea un’estetica precisa e (fin troppo?) rigorosa ma comunque ricca di contrasti, soprattutto grazie alla fotografia, enfatica e, a tratti, teatrale del francese Stéphane Fontaine e riesce e rendere molto bene ciò che vuole fare, ovvero creare un’atmosfera complottista e mistificatrice, volutamente ambiguo ed enigmatica.
Spesso però sull’orlo del pacchiano o del kitsch, Conclave rimane sempre dalla parte giusta soprattutto grazie a un cast praticamente perfetto capitanato da un eccellente Ralph Fiennes e affiancato da Isabella Rossellini poco presente ma spesso decisiva, uno Stanley Tucci combattuto tra l’idealismo ideologico e la propria ambizione personale e da un Sergio Castellitto istrionico nel suo carismatico villain speso al limite (o oltre?) della caricatura.
Completano poi il cast John Lithgow, Carlos Diehz, Lucian Msamati, Jacek Koman e Brían F. O'Byrne.
Esempio esemplare di Pope exploitation alla Sorrentino ma decisamente più serioso (ma anche molto meno graffiante), assurdamente (!?) posizionatosi in “materiale da Oscar”, in realtà Conclave è un classico prodotto di fascia media rivolto però a un tipo di pubblico molto ampio (ma abbastanza selezionato) che, pur senza faraoniche campagne di marketing o particolari scene d’azione e con qualche semplificazione, cerca di raccontare un microcosmo religioso nel modo più coinvolgente possibile, ovvero sfruttando i toni, i codici e le strutture narrative tra i più popolari per il pubblico mainstream, ovvero il giallo e la fantapolitica d’evasione.
VOTO: 6,5
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