Regia di Coralie Fargeat vedi scheda film
Il passaggio sulla walk of fame - con cui inizia e si conclude l'opera seconda di Coralie Fargeat - è lastricato di insidie. Lo sa bene Elisabeth Sparkle (Moore), diva della televisione che, passati i cinquanta, vorrebbe continuare a condurre il programma di aerobica che l'ha portata al successo. Ma il produttore che l'ha ingaggiata da anni (Quaid) vuole (letteralmente) carne fresca e allora Elisabeth si reinventa in Sue (Qualley), la versione di sé ringiovanita di trent'anni grazie a una sostanza miracolosa trovata quasi per caso. La sola condizione dettata dall'uso del farmaco è che i due corpi dovranno alternarsi settimanalmente in un unico essere. Il che dà avvio a una guerra tra le due identità: quella che vuole continuare a perpetuare il successo televisivo e quella invidiosa di un corpo più giovane, entrambe tese a infrangere le regole.
Celebrato da buona parte della critica e premiato a Cannes 2024 per la miglior sceneggiatura, The Substance ribadisce l'ossessione per il corpo femminile che la regista parigina aveva già manifestato col precedente, pessimo Revenge. Qui ci troviamo al punto di incrocio tra La mosca cronenberghiana, il Gregor Samsa kafkiano e la psicanalisi langhiana. Ma l'apologo sull'ossessione per la bellezza e il successo è di grana talmente grossa da non riuscire a passare neppure lontanamente per le maglie di un'analisi che non siano quelle dello splatter più spinto, con corpi devastati e slime riversata sul pubblico (quello della festa di Capodanno, in attesa di culi e tette, quanto quello reale in sala). Per non dire dell'ipocrisia di fondo del film, affidato a un'attrice plastificata come Demi Moore, non proprio l'emblema della sobrietà e della naturalezza. Tre stelle - e non una sola - su dieci solo per il lavoro - quello sì, davvero egregio - compiuto da truccatori, parrucchieri e specialisti della computer grafica, capaci di realizzare uno degli horror più stomachevoli che si siano mai visti.
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