Regia di Coralie Fargeat vedi scheda film
In una società, soprattutto quella fetta relativa allo spettacolo e alla promozione commerciale, dominata dalle apparenze e da un’inesauribile/sperticata ricerca della – presunta - perfezione, la competizione è diventata sempre più serrata/indiavolata e nessuno ha la benché minima intenzione di mollare l’osso di sua spontanea volontà. Neanche quando il proprio tempo è ormai passato e il buon senso consiglierebbe di abbandonare la nave, con la nuova guardia che spinge/sgomita con inusitata violenza per affermarsi, al punto che ogni ricorso - anche quello più assurdo e spericolato - ad aiuti esterni, viene preso in seria considerazione e azionato evitando di farsi troppi calcoli sul rapporto costi/benefici.
Così, se nel mondo reale assistiamo agli effetti della chirurgia estetica e di regimi che richiedono sacrifici abnormi per rimanere in sella, nella finzione The substance compie un mirabolante salto di qualità, con un background voluminoso e rigoglioso, più che sufficiente per mandare in brodo di giuggiole i cinefili, alimentando un impianto estetico dalla significativa coerenza/incisività/visionarietà e uno svolgimento forte e chiaro, che non smette di sorprendere fino a quando non taglia il traguardo con le residue energie.
Quando Elisabeth Sparkle (Demi Moore – Ghost, Proposta indecente), un’attrice dal luminoso passato e ormai dimenticata, vede la sua carriera interrompersi definitivamente dopo il benservito consegnatole da Harvey (Dennis Quaid – Salto nel buio, The day after tomorrow), sarebbe disposta a qualsiasi cosa pur di tornare in corsa.
L’occasione le si presenta tramite un misterioso siero che promette di dare vita a una versione più giovane di chiunque lo assuma, ovviamente sottostando tassativamente a un pugno di semplici regole.
Nasce così Sue (Margaret Qualley – C’era una volta a... Hollywood, Maid), che conquista subito tutti con la sua esuberante fisicità, a cominciare da un eccitato Harvey, ma la convivenza con Elisabeth comincia presto a mostrare degli scompensi irrisolvibili.
Lo scontro tra le due, con Elisabeth che deve pagare sulla sua pelle la spasmodica/incontenibile vigoria di Sue, diventerà talmente aspro da richiedere decisioni tempestive e nette.
Nei pressi di un punto di rottura, i passi indietro non sono più ammessi, almeno non senza pagare un dazio pesante.
Premiato a Cannes 2024 per la miglior sceneggiatura e acclamato da più parti come l’horror più significativo dell’anno, The substance dispone di un know how imponente che la regista/sceneggiatrice Coralie Fargeat (Revenge) sfrutta come meglio non avrebbe potuto, producendo una miscela semplicemente esplosiva e sconvolgente, ustionante e metamorfica.
Nello specifico, dà forma e moto a una fisionomia tonica e cruenta da body horror di inaudita potenza, con una progressione determinata e furibonda sulla quale riversa insistentemente benzina sul fuoco, con un occhio rivolto ai codici di genere, da incubare/plasmare tramite modalità distorsive/intuitive, e un altro attento a maneggiare/stimolare tematiche strettamente correlate alla contemporaneità.
Quindi, prestando una peculiare attenzione sia alla forma sia al contenuto, da un lato stabilisce incontrovertibili regole d’ingaggio e allestisce/intensifica un percorso - con vista sulle voragini insediatesi nella natura umana - che annovera soluzioni di notevole/scioccante efficacia, dall’altro ha un ventaglio di spunti di riflessione che si prestano a una dissertazione acuta/invasiva, gonfiando/deformando criticità ampiamente diffuse, tra modelli da inseguire senza battere ciglio, richieste stringenti e l’incapacità di accontentarsi di quanto passa il convento, con la lingua che batte con decisione dove il dente duole e patti con il diavolo che non portano mai nulla di buono (almeno alla distanza), per un sistema industriale che sponsorizza il metodo usa & getta, che scopre nuovi talenti, li consuma avidamente, li scarta alla prima difficoltà e li sostituisce con un nuovo alfiere, il tutto perseguendo ritmi vertiginosi.
In aggiunta, The substance è un rullo compressore provocatorio e ossessivo, che rigira il coltello nella piaga senza esclusione di colpi e con una messa a punto eccezionale, vivida e decadente, dai molteplici richiami (come un mostro in stile La cosa o una cascata di sangue che non si vedeva dai tempi di Carrie - Lo sguardo di Satana) e agghiacciante nelle sue proiezioni, tra corpi danneggiati e anime insaziabili, conflitti interiori che sventrano qualunque convinzione ed effetti collaterali dirompenti, dipendenze irrinunciabili e separazioni lancinanti, slanci furiosi ed equilibri caduchi.
Dulcis in fundo, detto di un atto finale che più esacerbato/pirotecnico non potrebbe essere, con tanto di circolarità fortemente bramata (vedi anche un prologo lampante, esperito senza proferire mezza parola), il casting ha conferito un apporto fondamentale. Se Margaret Qualley rappresenta con stentorea/salace presenza chi vuole fare jackpot dominando la scena (come in altri termini le è accaduto in Sanctuary) e Dennis Quaid è fantastico per il grado estremo di viscidità e squallore che esterna, Demi Moore (si) regala l’interpretazione della vita, magnifica in tutte le sfumature che deve definire/fronteggiare, con un sbalorditivo lavoro sul corpo (lei che sul finire degli anni novanta fu Soldato Jane) e sullo spirito, straziante e frontale, allucinata e disperata.
In sintesi, The substance è un lavoro tirato a lucido, che non fa sconti e che sembra avere a disposizione la pozione magica in grado di fare miracoli. Avanzando a vele spiegate in una spirale irreversibile che cresce a dismisura e facendo una sintesi lodevole per l’alta comprensibilità che manifesta, con parametri tecnici di indicativo valore (la fotografia di Benjamin Kracun - Una donna promettente, Beast e le musiche di Raffertie - The Continental, I may destroy you vanno felicemente a braccetto), parecchio da dire/mostrare/metabolizzare e un circuito segnato, da stelle crepate e sangue grondante, da percorrere ipnotizzati e con il cuore in gola, dal primo rettilineo fino all’ultima famelica/degradante curva.
Accattivante e incattivito, crudo ed euclideo.
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