Regia di Coralie Fargeat vedi scheda film
Classificarlo come "horror" è un errore. Persino classificarlo come "film" è un errore. Sostanzialmente è una fiaba nera medievale rivisitata in chiave moderna e satirica.
Molti elementi sono magici e simbolici, immaginifici e da subito l'epopea della protagonista ci viene descritta così per simboli. Lei è sola, non ha uno straccio di amico o amica? Non un parente? È irreale più che surreale, ma non importa, non è un film è una fiaba come detto. La pozione, La Sostanza, non le viene venduta, non viene comprata: arriva da un "mago" come a rispondere ai desideri interiori e alle frustrazioni di Elisabeth, una sorta di magia appunto. Anche lo scambio di fluidi ed identità è tecnicamente assurdo, poiché tutto è ovviamente puramente simbolico, non c'è niente di "medico" o razionale e neanche di plausibile, è proprio volutamente anti-scientifico.
Non c'è la volontà di farlo sembrare reale. Sue non compra nessun documento falso, come ricevere lo stipendio? La regista ci distrae ma non c'è nulla di pratico, di reale, è tutta una grandissima favola in nero.
Se la protagonista si fosse svegliata e fosse stato tutto il sogno, cosa che il Pubblico odia da sempre, avremmo detto "Ah beh ecco!".
Non ci vedo neanche troppo un messaggio "femminista" o di attuale, di "chirurgico".
Qui si parla semplicemente delle Grandi Paure dell'umanità: quella di invecchiare, della solitudine, di non sentirsi mai all'altezza.
Narra della dipendenza da "droghe" o psicofarmaci, delle scorciatoie per cavarsela nella vita e superare certi traumi con espedienti rapidi e di fortuna, sciocchi, puerili. Senza arrivare a Cronenberg quest'opera è più un qualcosa di ispirazione kafkiana e alla Edgar Allan Poe.
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