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The Substance

Regia di Coralie Fargeat vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su The Substance

di alan smithee
7 stelle

locandina

The Substance (2023): locandina

FESTA DEL CINEMA DI ROMA 19: BEST OF 2024 / FESTIVAL DI CANNES 77 - CONCORSO: PALMA PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA

Una sostanza misteriosa giallastra iniettata direttamente nel tuorlo di un uovo, produce poco dopo l'effetto di rigenerare un clone perfetto ma giovane, che dipende dall'originario, ma ne riprende i connotati di una prima versione originaria.

Non basta una stella guadagnata da diva oscarizzata sulla Walk of Fame per decretate il successo eterno.

Gli anni passano anche per la cinquantenne ancora bellissima Elisabeth Sparkley (la interpreta una pertinente e straordinaria Demi Moore, eccezionale, mozzafiato quasi come ai tempi di Streptease, ma oggi a 62 anni compiuti senza che possa essere ritenuto credibile), che per continuare a lavorare, dal cinema è passata ai corsi di ginnastica in TV (ricordate Jane Fonda nei primi anni '80?).

Ma quando origlia per caso un commento del dirigente TV che la vuole fuori perché, nonostante tutto, un po' troppo datata, Elizabeth è sconvolta.

Un disastroso incidente d'auto da cui fortunatamente esce quasi illesa, la mette in contatto con una sorta di azienda farmaceutica che offre, ai candidati ritenuto idonei, una possibilità di tornare giovani.

 

Demi Moore

The Substance (2023): Demi Moore

Margaret Qualley

The Substance (2023): Margaret Qualley

La scelta di predisporsi al trattamento misterioso si trasforma per Elisabeth in una necessità, e quando dalle sue membra devastate ed aperte nasce la perfetta Sue, replica giovanile di se stessa, non resta che alternarsi e vivere il sogno di un divismo prolungato, seguendo un accurato ed assai raccomandato connubio tra originale e clone, che non ammette sgarri.

Ma quando il clone (la statuaria, quasi spaziale Margaret Qualley, degna figlia di sua madre Andie McDowell) rivendica il diritto ad una propria autonomia, ecco che iniziano i guai seri.

C'era molta attesa per questa opera horror dalla già apprezzata regista tosta del furente e ben realizzato Revenge (2917), ma già anticipatrice di una tematica scottante ed attuale come il bisogno di sentirsi belli e possibilmente eterni nel corto tosto Reality +, attualmente disponibile su MUBI (che figura tra i produttori di The Substance). Coralie Fargeat costruisce un gran film vorticoso, in crescendo, capace di intrattenere cominciando come una sorta di thriller e finendo nello splatter più furioso e intriso di sarcasmo, oltre che di sadismo senza contegno né ritegno, ma sfoderando un coraggio, magari misto ad arguzia, che non si può sottacere o sminuire.

 

scena

The Substance (2023): scena

Margaret Qualley

The Substance (2023): Margaret Qualley

La formula dello sdoppiamento infatti non permette sgarri, ma l'essere umano è nato per fare di testa sua e conciliare esigenze, prepotenze ed aspettative di essere originale e clone diventa occasione per una sfida mortale che crea mostri su mostri.

Vedere per credere.

Nel finale ironico e sin procrastinato sino all'esagerazione, la mostruosità si ricompone sulla stella della prestigiosa Walk of Fame consumata dal passare del tempo per formare una nuova forma di bellezza, almeno fino a che il logorio del tempo e l'incuria di una razza umana capace solo di lordare e devastare, finisce per depauperare un'altra volta.

 

locandina

The Substance (2023): locandina

Resterà la stella, seppur logora dal troppo calpestio, a ricordare i destini di una star che, come tutte le altre, nel migliore dei modi rimane un ricordo collettivo sempre più vago ed indefinito. Debordante, esagerato, splatter come ai tempi delle carni divelte dei mostri del primo Peter Jackson con una cura per lo studio delle lacerazioni che troverebbe ammirazione probabilmente da parte di David Cronenberg, The Substance merita per le riflessioni a cui induce riguardo alla urgenza di mantenersi eternamente giovani, e sulla incapacità di accettare il proprio declino fisiologico inevitabile.

Ma anche un monito sulla non meno mostruosa essenza dei palinsesti televisivi, oggi più che mai pretenziosi e vacui, che trovano nella volgarità sopra le righe di un esaltato, strafatto e sputacchiante Dennis Quaid il suo più pertinente e abbruttito, volgare rappresentante.

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