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Nosferatu

Regia di Robert Eggers vedi scheda film

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La recensione su Nosferatu

di Antisistema
7 stelle

Il filosofo Gilles Deleuze definì l'ombra del "Nosferatu" di Murnau (1922), il primo brivido di terrore partorito dal cinema stesso. La tensione verso l'infinito della mano protesa in avanti, proietta un terrore primigenio. L'irrazionale fuori-campo, terrorizza più di ogni visione; divenendo la prima regola alla base del grande cinema dell'orrore.

Da un gesto compiuto nei confronti di un unico individuo (Elen Hutter), nel "Nosferatu" di Robert Eggers (2024), vede le dita dell'arto avvinghiare nella propria morsa l'intera città tedesca di Wisborg. Le esigenze prettamente autoriali sottese al capolavoro di oltre cento anni orsono, si scontrano con l'obiettivo di un'industria cinematografica come quella americana, di cannibalizzare l'immaginario del primo vampiro della storia del cinema. Moltiplicare i profitti in nome del capitalismo produttivo, così come l'enorme numero di cadaveri lasciatasi dietro da Nosferatu

Del resto in nome del soldo, lo sprovveduto Thomas Hutter (Nicholas Hoult), firma senza curarsene un documento in una lingua antica, tramite il quale "rompe" il proprio vincolo nunziale con la consorte Elen Hutter (Lily-Rose Depp), cedendola all'inquietante creatura delle tenebre. Eggers riporta al cinema per la terza volta Nosferatu, dopo il capostipite ed il remake di Werner Herzog del 1979, pagando alcuni compromessi in merito al montaggio, casting, una continua tensione verso la grandezza scenica poggiante su basi prettamente monetarie nella seconda parte ed il già visto nella costruzione di talune scene. Assetare l'ingorda produzione Universal, ha fatto si che il cineasta riuscisse a realizzare il sogno di tutta la sua carriera, in quanto progetto coltivato sin da prima della realizzazione di "The VVitch" (2015), del quale continua a portare avanti le premesse di base. Tra tutti, l'approccio filologico alle leggende mitologiche - il vampiro in questo caso -, con un trucco scenico capace di distaccarsi in modo assai intelligente dai precedenti design del personaggio. 
I tanto contestati baffi, proiettano la figura di Nosferatu direttamente alle origini di essa; Vlad III di Valacchia, soprannominato l'Impalatore. Viene così plasmata una creatura uscita fuori da un'altra epoca. La sua violenza e ferocia, sono accennate dal respiro bestiale, di un essere dai contorni fisici indefiniti in quanto incarnazione del male stesso.

 

Lily-Rose Depp

Nosferatu (2024): Lily-Rose Depp

 

L'approccio filologico restituisce un'illuminazione a colori, dei tagli di luce espressionisti del bianco e nero originale. La profondità di campo risulta poco utilizzata a favore del fuoco sui primi piani, lasciando sfocato ciò che è al di fuori di ogni razionalità. 

La preda viene annichilita dal predatore, incapace di sostenere lo sguardo dell'essere ferino.

Eggers privilegia la dimensione onirica e la filologia del mito vampirico, lasciando maggiormente in disparte il tema scientifico dell'originale, in cui tale creatura veniva "normalizzata" nella sua esistenza, ponendola al suo posto nella catena alimentare; ovvero in cima ad essa. Non solo i due Nosferatu di Murnau ed Herzog, ma anche e soprattutto "Il Dracula di Bram Stoker" di Francis Ford Coppola (1992), da cui viene ripreso ed ampliato il sottotesto di repressione sessuale femminile, rendendola tematica principale di tutta l'opera.  
L'inconscio a cui Elen Hutter spalanca le finestre, diventa un'apertura esplicita all'esplorazione, di desideri celati dalla propria condizione sociale femminile, a causa di un patriarcato imperante.

La morte a cui fa continuamente riferimento nei sogni, conduce la donna ad un appagamento corporeo assai maggiore rispetto a quello datale da un marito premuroso, ma in fondo frigido quanto assai poco propenso a manifestare i propri sentimenti. 
Si viene sospesi tra l'umano e la bestia. La lingua inglese e quella rumena. Elen diventa la chiave di risoluzione di un mistero, che trova negli istinti primordiali di ogni creatura vivente (il mangiare e l'accoppiamento), i motivi della propria esistenza. 
L'archetipo del mostro, confinato dall'adulto Harding (Aarton Taylor Johnson) ad un "Babau" delle favole della buonanotte ad uso a consumo dei piccini, disvela la sua natura animalesca. L'orrore irrazionale placa la propria fame, assumendo una forma assai "fisica" e "bestiale" all'atto di bere il sangue. Una matericità seccamente rinnegata dalla maggioranza, pronta invece ad affidarsi senza riserve alla protezione di un'entità metafisica forse ancora più irrazionale; ovvero Dio.
La presenza del bene, implica anche quella del male, dentro cui immergersi per poterlo comprendere ed affrontare. Nell'accumulo sconsiderato di scene di possessione e continui attraversamenti di confine tra luce ed ombra non sempre ben rappresentati - complice una recitazione volutamente enfatica, non adeguatamente sostenuta dalla tecnica di Lily-Rose Depp -, Eggers trova la linfa vitale della propria arte alla conclusione primigenia del propria cinema. L'unione della bella con la bestia. Romanticismo dolente, consumato tra i raggi irradianti del Sole nascente. La cupa atmosfera, lascia spazio alla vitalità di un'immagine, in grado di trovare alla terza riproposizione una nuova identità, nell'emancipazione del femmineo attraverso il male.

 

Nicholas Hoult, Aaron Taylor-Johnson

Nosferatu (2024): Nicholas Hoult, Aaron Taylor-Johnson

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