Regia di David Leitch vedi scheda film
The Fall Guy è un progetto più stratificato di quanto possa sembrare.
A un primissimo livello di lettura è l’ennesimo blockbuster d’azione americano con protagoniste grandissime star americane come la coppia Ryan Gosling & Emily Blunt, ricolma di adrenaliniche scene d’azione, mirabolanti esplosioni e tantissimo umorismo.
A un secondo livello è anche un film d’azione che racconta la storia di un film d’azione (una specie di Dune sotto steroidi e diretto da Zack Snyder) e dei personaggi che lavorano nel cinema per realizzare un grande film hollywoodiano.
A un livello successivo, probabilmente quello più interessante, è anche un tentativo, in modo anche furbo e intelligente, di fare una commedia romantica (decisamente) classica, cosa piuttosto desueta (e impopolare?) nel cinema di oggi, nascondendolo però all’interno di un blockbuster ad alto budget (e che probabilmente è il motivo per cui il film, al momento, non sta facendo grossi numeri al botteghino).
E a postilla di tutto questo, e ultimo livello di lettura, The Fall Guy è anche la “storia” di David Leitch, regista del film ed ex stuntman che qui ne glorifica il lavoro raccontandone la storia secondo l’ottica e i valori propri del mondo degli stuntmen.
Il problema però è che alla fine tutti questi livelli non sempre riescono a interagire benissimo, anzi, spesso finiscono per “cozzare” tra loro o a mettersi i bastoni tra le ruote.
Regista debuttante in John Wick e quindi di Atomica Bionda, Deadpool 2, e Bullet Train con il quale ha contribuito a cambiare il cinema d’azione americano, David Leitch realizza anche quello che è un monumento al “nuovo” star system americano, meno muscolare e smargiasso di quello degli anni’80 (e di cui sono portavoce i personaggi di Taylor-Johnson e di Hannah Waddingham) e più propenso all’introspezione e al sentimentalismo, per un action dai colori lisergici e con sfumature giallo-rosa che tiene tantissimo al suo lato romantico.
Scritto da Drew Pearce (Iron Man 3, Mission: Impossible - Rogue Nation, Hotel Artemis, Fast & Furious - Hobbs & Shaw) e ispirato alla serie omonima di successo degli anni ’80 (in Italia con il titolo Professione: Pericolo) con protagonisti Lee Majors & Heather Thomas (che compaiono nel film in un cameo), il film di Leitch è un divertente backstage movie che vede al centro della storia i rappresentanti del cosiddetto cast tecnico che, pur contribuendo moltissimo ai successi di Hollywood, non vengono quasi mai celebrati o ricordati, l’anello invisibile di quella catena di montaggio che è l’industria cinematografica in un’opera che, almeno narrativamente, mette ai margini gli attori, pedine (quasi) sostituibili, vedi anche il Deep fake (il futuro, orrendo, del cinema?), e mettendo invece in primo piano gli “attori” del dietro le quinte.
Peccato però che Leitch si dimentichi (colpevolmente) di una parte altrettanto fondamentale dell’equazione ovvero gli sceneggiatori, di cui nel film non vi è assolutamente traccia.
Ovviamente la parte del leone la fa Ryan Gosling che ricopre per la terza volta in carriera il ruolo di stuntman (un predestinato?) dopo Drive e Come un tuono, meno (auto)distruttivo e più divertito (o mainstream) questa volta ma ennesimo nuovo “prototipo” del maschio post Me Too (già metabolizzato con il ruolo di Ken in Barbie della Gerwig) ma mostrando nuovamente come funzioni piuttosto bene quando non si prende (troppo) sul serio.
Lo spalleggia, dimostrando un’ottima chimica, Emily Blunt, questa volta in un ruolo più defilato (ma essenziale) e che asseconda le tipologie più classiche della commedia romantica.
Da Bullet Train, oltre a Leitch ritorna anche Aaron Taylor-Johnson (forse il prossimo James Bond per la Universal? E, nel caso, regista e attore si ritroveranno anche sul set del nuovo 007?) in un a parodia piuttosto (auto)ironica di un certo tipo di attore alla “Tom Cruise” a partire già dal nome, Tom Ryder, con un’associazione diretta anche al videogioco di grande successo degli anni’90 Tomb Rider (che però, forse non a caso, aveva una protagonista femminile).
Completano il cast Hannah Waddingham (Ted Lasso) che interpreta la spietata produttrice del film e, quindi, Winston Duke, Stephanie Hsu, Teresa Palmer e un famoso attore in un cameo a sorpresa (e che non rivelo).
David Leitch realizza una vera e propria lettera d’amore non solo al proprio ex lavoro ma a tutta la settima arte, omaggiandone i cult del passato con intere sequenze o inquadrature e citazioni ai titoli del passato.
Ma The Fall Guy in realtà è anche un cartone animato con attori in carne ed ossa, con personaggi che ad ogni caduta, botta ed esplosione si rialzano con qualche graffio per poi riprendere l’azione ancora più incalzante di prima ma anche con scenete/gag al limite dello slapstick, piuttosto simile al caos controllato di quel gioiellino incompreso di The Nice Guys di Shane Black (guarda caso sempre con Ryan Gosling tra i protagonisti), altro action ibridato con la commedia.
Spettacolare, con un cast di richiamo e un eroe auto ironico e che non si prende troppo sul serio, meta-cinematografico e citazionista ma anche dissacrante e parodistico del suo stesso genere di appartenenza, The Fall Guy sembra però non riuscire a scegliere tra essere una vera pellicola action, una rom-com, una parodia, meta narrazione o altro ancora e questa sua natura ibrida, per quanto anche affascinante, è anche quello che finisce per frenarlo, c’è forte l’impressione che potesse dare di più se non avesse voluto abbracciare fin troppo proprio quei topoi che si era invece prefissato di prendere in giro e di cui, evidentemente, non riesce a fare a meno.
Soprattutto, specie dalla terza parte in poi, il film comincia a prendersi troppo sul serio e a lasciare per strada un poco di ritmo, coesione e soprattutto imprevedibilità trasformando un possibile (stra?)cult in una divertente action comedy valida soltanto come semplice, occasionale distrazione.
"Missione compiuta!" O forse no?
VOTO: 6
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