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The Brutalist

Regia di Brady Corbet vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Brutalist

di obyone
8 stelle

 

Adrien Brody

The Brutalist (2024): Adrien Brody

 

Venezia 81. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

Quale definizione dare a "Brutalismo"? Domanda davvero complessa per un profano. Il termine, tuttavia, nella sua geniale semplicità, fornisce indizi che danno un'idea abbastanza precisa della corrente sviluppatasi nella seconda metà del '900.

Il termine, coniato precisamente nel 1954, invita a pensare alla trasformazione avvenuta nell'architettura in secoli recenti e al continuo processo di razionalizzazione che l'osservatore può notare negli edifici delle nostre città.

Viaggiando a ritroso nel tempo, fino al '600, si può ammirare la stucchevole abbondanza di elementi decorativi dello stile "barocco". Quello "rococò" si impose subito dopo, nella Francia borbonica della prima metà del XVIII secolo. Fu l'apoteosi della bizzarria. Ultima corrente architettonica chiamata a dimostrare lo sfarzo dell'Ancien Régime, il "Rococò", per l'appunto, lasciò spazio al "Neoclassicismo" che diede di sé un ritratto meno appariscente durante l'età napoleonica.

Ma fu la rivoluzione industriale, a mio avviso, a decidere le sorti dell'architettura chiedendo, concretamente, geometrie più pulite, in nome dell'efficienza produttiva e del business.

Gli edifici industriali iniziarono ad esibire il potere della borghesia capitalista meglio di qualunque altra cosa, palazzi civici e residenziali compresi. La razionalità si impose come modello.

Un po' alla volta stucchi, bassorilievi, elementi floreali e modanature furono abbandonati per dare eco a linee geometriche pulite, spazi modulabili e funzionali. Marmi, pietre e legni pregiati furono rimpiazzati da materiali efficienti come il calcestruzzo, il ferro ed il vetro. Salvo qualche temporaneo, ma parziale, ritorno al passato visibile nell'Art Nouveau (Gaudí, il Liberty, lo Jugendstil, il Secessionismo), l'architettura si spogliò del superfluo. Efficienza, razionalità, funzionalità divennero il mantra del "Razionalismo".

Il "Brutalismo, tra le correnti artistiche moderne, pone l'accento sulla contemporaneità, sul razionale utilizzo degli spazi e della luce che si reinventano grazie ad elementi e materiali "grezzi", come il "cemento armato".

Il materiale edile e le forme rettangolari diventano essenziali e costitutivi dell'opera stessa, un'opera che fa della razionalità il suo codice identificativo.

 

scena

The Brutalist (2024): scena

 

Arriviamo al cinema, dunque, motivo che dà origine al quesito iniziale. Ed introduciamo "The Brutalist", il film con il quale Brady Corbet racconta l'architettura, ed il brutalismo nello specifico. Un viaggio lungo 214 minuti in cui il regista di Scottsdale propone un'altra pagina del sogno americano.

Il protagonista è László Toth, architetto ungherese che lascia l'Europa, ed i soprusi del campo di concentramento, per emigrare in America alla fine del Secondo Conflitto. Gli inizi sono difficili ma l'occasione di sfoggiare un talento fuori dal comune arriva con la ristrutturazione di una biblioteca. Il ricco ed arrogante Harrison Lee Van Buren lo accoglie sotto la propria ala protettiva, un rifugio che diventa ben presto prigione.

Mi vengono a mente "Il petroliere" nella narrazione dell'ascesa sociale ed economica del singolo individuo, ed "Il tormento e l'estasi" per quel che riguarda il rapporto tra artista e committente. Anche Corbet racconta l'epopea di un uomo, solo che l'uomo in questione è stato capace di arricchire il paese natale di opere prestigiose prima di finire in una baracca a Buchenwald. Negli Stati Uniti, che non gli riconoscono l'importanza che merita, László è costretto ad accettare i lavori più umili prima di aggrapparsi tenacemente ad un sogno.

La storia di Toth è quella degli immigrati che ce l'hanno fatta, nonostante le angherie subite a causa delle proprie umili origini.

László è ungherese, ebreo per giunta, cosa che non piace agli antisemiti e nemmeno a coloro che vedono nei numeri tatuati su un braccio la propria responsabilità per le atrocità liberamente commesse dai tedeschi. Toth è scomodo come tutti gli immigrati che partendo dal fondo arrivano all'apice. Come tale suscita invidie e risentimento, tanto nel popolo quanto nella ricca borghesia, apparentemente aperta e liberale.

 

Adrien Brody

The Brutalist (2024): Adrien Brody

 

Si dice che l'idea del film abbia avuto genesi nella lettura dal volume "Architecture in Uniform" di Jean-Louis Cohen il cui tema è il rapporto tra l'architettura e le ferite del conflitto negli anni della Seconda Guerra Mondiale. Si tratta del catalogo di una mostra tenuta qualche anno fa a Montréal.

Il soggetto è seducente ed intorno ad esso si muove la sceneggiatura firmata da Corbet e dalla regista e sceneggiatrice Mona Fastvold. L'opera, che Toth nonostante tutti e tutto porta a termine, è il riflesso delle atrocità dell'Olocausto che si riverbera nel cemento armato di un complesso monumentale ambizioso. Il progetto di Toth è maestoso quanto enorme è il peso del passato che lo condiziona. L'architettura riflette le angosce del sopravvissuto nei poderosi muri di "béton brut", nelle ampie volumetrie, nei soffitti irraggiungibili. La scenografa Judy Becker, opportunamente candidata all'Oscar, rende vivide le cicatrici del maestro immaginando un luogo sacro dedicato alla memoria. "The Brutalist" individua il legame tra l'artista ed il suo lavoro e lo descrive con forza. Tutto facile? Non direi. Corbet vacilla un po' di fronte allo scopo ultimo del film, ovvero condurre lo spettatore nei meandri della mente di Toth. Il suo santuario, progettato in memoria di Buchenwald e della sua efficiente organizzazione fisica e procedurale è un concetto davvero complesso affinché lo spettatore a digiuno possa identificare chiaramente il progetto architettonico con il calvario dei campi. Corbet, tra l'altro, butta diversi sassolini nello stagno senza dare alcun ragguaglio sulla vita di Toth a Buchenwald.

Un unico dialogo tra László e la moglie Erzsébet getta più ombre che luci. Vittima? Kapò? Toth è sopravvissuto per caso, per la ferrea volontà di rimanere in vita, o per aver collaborato con gli aguzzini? Le reticenze non aiutano a comprendere il personaggio ed il suo desiderio di creare (costi quello che costi) un edificio che gli sopravviva e contenga la sua stessa essenza di uomo, di architetto, di sopravvissuto allo sterminio.

Ciò che, invece, appare lapalissiana è la vittoria del processo creativo che può subire passi falsi, sconfitte, ingerenze, vere e proprie violenze, senza che ciò ne mini il risultato finale. Nessun Van Buren, per quanto sadico e tracotante, per quanto ricco e potente può sostituirsi all'artista. La ricchezza è utile ma l'ignoranza non ha futuro. Ogni Van Buren, perciò, è destinato a sparire nel nulla di fronte all'opera dell'artista che rimane a perpetuarne la memoria.

 

Guy Pearce

The Brutalist (2024): Guy Pearce

 

Ma arriviamo all'ultima domanda. Se l'arte di Le Corbusier, Marcel Breuer ed Ernö Goldfinger fosse tanto trasversale da abbracciare l'arte cinematografica, sarebbe il film di Brady Corbet un esempio di Brutalismo?

È certo che la settima arte non si sia mossa, sin dalla sua nascita, verso una semplificazione del linguaggio. Il progresso tecnologico ha determinato un cambiamento radicale ma non è solo questione di innovazioni. Il cinema cerca sempre modi nuovi e più complessi di raccontare le proprie storie. Come l'architettura che fino al '700, crebbe costantemente in maestosità e ricchezza salvo poi intraprendere un processo contrario di semplificazione delle forme.

E "The Brutalist" che fa? In che direzione si muove? Credo che il film di Corbet tenda al brutalismo architettonico poiché racconta la storia umana e professionale di László utilizzando nel modo più grezzo i materiali che costituiscono l'architettura dell'immagine cinematografica. La luce è senza dubbio protagonista di questo film come lo è nell'illuminazione degli edifici moderni. Quella di Lol Crawley esprime la diffidenza e la stupidità del paese ospitante. Diffonde l'angoscia e le paure dell'ospite. È efficiente ed efficace nel raggiungere lo scopo di creare un'emozione senza bisogno di artifici evidenti. Non dimentichiamo che l'architettura, per quanto spogliata del superfluo non smette mai di comunicare sentimenti nell'uomo. Brutalismo compreso.

Alla stregua della luce Corbet utilizza gli altri mattoni dell'edificio cinematografico in maniera semplice senza abusare dei tecnicismi del montaggio, dei virtuosismi delle inquadrature e dell'istinto creativo della regia. Il film semplifica portando il risultato alla forma di una costruzione lucidamente coerente con lo scopo prefisso.

"The Brutalist" è un impasto di calcestruzzo che avvolge un'America bigotta e opportunista; una finestra che bagna di luce un'immigrazione sognatrice; una cupola di cemento che copre le ferite del tolitarismo; una corolla di alti e possenti pareti che contengono l'ambizione della memoria e dell'arte.

Per chiudere faccio notare che, nell'anno della Biennale d'Arte, a conquistare la Mostra del Cinema è stata l'architettura. Gli spazi algidi di una casa funeraria confusa nel verde boschivo in "La stanza accanto" si sono imposti con il Leone d'Oro. Il dramma epico di un uomo che trova nell'organizzazione dei volumi il proprio riscatto dalla violenza umana ha fruttato a Corbet il premio della regia. Primo di una lunga serie. 

 

Adrien Brody, Felicity Jones

The Brutalist (2024): Adrien Brody, Felicity Jones

 

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