Regia di Brady Corbet vedi scheda film
VENEZIA 81 - CONCORSO - LEONE D'ARGENTO/ PREMIO SPECIALE PER LA REGIA
Brady Corbet, ex attore-bambino, poi bravo interprete al punto da venir scelto da autori come Gregg Araki, Bertrand Bonello, Lars Von Trier, Michael Haneke e Olivier Assayas, da tempo si associa più alla regia che alla interpretazione.
Nonostante abbia girato tre soli film - nemmeno pochi considerando che ha solo 36 anni e che si tratta comunque di tre notevoli titoli (oltre al presente, un folgorante esordio con L'infanzia di un capo - 2015, premiato a Venezia Orizzonti quello stesso anno, seguito dal controverso ed affascinante Vox Lux - 2018), Corbet con questo suo straripante ed infinito The Brutalist, si inserisce tra gli autori stilisticamente più originali e talentuosi del momento.
La sua specialità, confermata da questo magnifico suo ultimo film, è concentrarsi sullo studio e l'analisi di personaggi importanti, talentuosi e controversi, a definire i quali pare sia stata necessaria una mano più diabolica che divina.
Dopo la nascita di un dittatore e la gestione del successo della diva pop più acclamato, con The brutalist è ora la volta di dedicarsi all'epopea di vita e maturazione artistica di un geniale architetto ebraico ungherese di nome László Toth, internato ad Auschwitz, separato dalla moglie, miracolosamente scampato all'eccidio e giunto nel 1947 negli States.
Ospitato prima da parenti diventati mobilieri e convertiti al cattolicesimo, riunitosi con la moglie rimasta inferma nei campi di concentramento, Toth trova il modo di sviluppare il proprio genio creativo e l'arte cosiddetta "brutalista" che caratterizza il suo stile identitario, grazie ad un mecenate losco e misterioso, che gli commissiona e lo impegna in una costruzione faraonica e complessa che l'architetto concepisce influenzato dalle terribili esperienze occorse durante l'eccidio nazista.
Desideroso di avere piena libertà d'azione, Toth troverà nel faustiano Harrison Lee Van Buren il suo mecenate, ma anche il suo crocifissore.
Il rapporto dualistico contrastato e sofferto tra i due costituirà per Toth una sorta di secondo calvario, tra illusioni di onnipotenza e brusche sterzate da parte di un capo molto più intransigente di quanto poteva apparire al primo contatto.
Girato in un formato nato ed utilizzato da Paramount negli anni '50, The brutalist è un film sontuoso e diabolico che consente ad Adrien Brody di ritrovare la forma artistica smagliante ed intensa dei tempi de Il pianista di Polanski, in un ruolo che lo riempirà di soddisfazioni e, probabilmente, di premi importanti non meno che nel film citato.
Anche Guy Pierce e Alessandro Nivola sono molto bravi, mentre nel ruolo della moglie e musa, Felicity Jones appare una scelta opportuna ed azzeccata.
Il film si concentra più sui personaggi e sulla loro brama di fare, arricchirsi e divenire famosi, di raggiungere una perfezione che si colora delle tonalità di un girone infernale, più che sull'arte e la tecnica specifica a cui l'architetto diede vita nella sua creazione architettonica, ovvero quel brutalismo che privilegia già dal nome le forme essenziali, gli spigoli e la rigidità, come a ritrovare quello stile teutonico ed imponente, freddo e cimiteriale, che comunica morte e sentore satanico.
Scritto assieme alla talentuosa compagna Mona Fastvold, The brutalist è un lungo viaggio negli inferi della mente e del talento, della brama di fama e successo che porta alla perdizione e alla dannazione.
Un film magnifico, che al momento si eleva tra tutti i film del Concorso, e a cui è difficile pensare di non veder abbinato il prestigioso Leone d'oro veneziano della 81 Mostra lagunare in corso.
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