Regia di Tinto Brass vedi scheda film
«Avevo sentito gli occhi della sua voglia prepotente tra le mie cosce. Ebbi un orgasmo». «Folle di gioia, la mia bocca accolse i frutti bollenti del suo orgasmo». «Smaniavo come una ninfomane in gabbia». E, quando una donna viene uccisa in mezzo alla strada mentre urlando «Gino! Gino!» insegue i nazisti che portano via il suo uomo, Anna Galiena chiede a Gabriel Garko «Cos'è successo?». E lui: «È la guerra!». A parte la citazione oscena da “Roma città aperta” (con inquadrature della donna morta esattamente all’altezza delle gambe spalancate: e per me questo è sensazionalismo spicciolo e non libertà espressiva), “Senso 45”, ispirato al racconto di Camillo Boito com'era il film di Visconti, è davvero disarmante. A parte il tono dei dialoghi “bollenti” stile letteratura osé dei primi decenni del ‘900 (ma in mezzo ci sono stati, non solo il signor Lawrence e il signor Miller, ma anche “L'histoire d'O” e “Emmanuelle” che usavano un linguaggio più ascoltabile), quello che stupisce è l'erotismo da oratorio: vanno molto la giarrettiera e la mutanda (di lui) scivolata sulle natiche, il kajal peccaminoso (Garko ne fa un uso smodato), la risata liberatoria, l'ansito, l'amplesso con berretto da SS (“Il portiere di notte”?), la bestemmia durante un rapporto anale (“Ultimo tango a Parigi”?), e via sporcaccionando. E la strombazzata orgia, tra “trenini” e piume titillanti, sculacciate e “piogge d'oro”, pare uscita dritta dall'immaginario di un ansimante preadolescente. Tra flou e musicone, non c'è niente di disturbante e niente di eccitante (a meno che non ci si ecciti per l'esibizione ginecologica dei genitali).
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