Regia di Woody Allen vedi scheda film
Jean è ricco, piacente e ha modi aristocratici; affarista senza scrupoli, ha trovato nella bella Fanny tutto ciò che gli mancava nella vita. La ostenta in società come una moglie trofeo e, a dirla tutta, la cosa non piace granché alla donna, che però non sa rinunciare al lusso e all'agiatezza di quella situazione. Almeno fino a quando incontra per caso un ex compagno di liceo, Alain, che prende a corteggiarla ostinatamente fino a farla capitolare. E a farle venire un bel po' di dubbi sulla sua relazione con Jean. Il quale, insospettito dalle frequentazioni della moglie, decide di farla spiare.
Dal teatro greco al romanzo russo, c'è dentro di tutto in questo ennesimo capitolo della sterminata filmografia alleniana – forse l'ultimo? Chissà. Le calunnie di Mia Farrow, che ha saputo soggiogare a suo favore l'ondata del #metoo, hanno messo in ginocchio il Woody Allen artista, ma di certo non l'uomo, scagionato in due processi e ritenuto definitivamente innocente oramai da decenni. Eppure l'ex compagna, testarda all'inverosimile, continua imperterrita a fargli terra bruciata attorno: tant'è che per questo Un colpo di fortuna Woody – alla tenera età di 87 anni – se n'è dovuto andare a girare in Francia. Con attori francesi, naturalmente, cosa che toglie una buona dose di appeal all'opera sul mercato internazionale, nonostante nulla ci sia da rimproverare ai vari Melvil Poupaud, Niels Schneider, Lou de Laage (che ha verosimilmente qualcosa di Scarlett Johansson, una tre le ultime muse del regista), e Valerie Lemercier. Scritto come sempre dallo stesso Allen, il film ricalca le orme di varie sue opere precedenti, da Match Point (il ruolo della fortuna nell'esistenza umana) alle innumerevoli variazioni su Delitto e castigo (Dostoevskij) come Crimini e misfatti o Sogni e delitti; il problema principale dei suoi copioni, immancabile anche in questo caso, è però avvertibile oramai da tanti, troppi anni: l'assenza del tempo, quello concreto, dello spirito e del contesto temporale in cui la storia è ambientata. Manca la società digitale, mancano le quotidianità tecnologiche cui siamo abituati da tempo – tanto per dire, e questo dettaglio pesa tantissimo se si considera che Allen prosegue a raccontare trame situate nella contemporaneità; probabilmente basterebbe una revisione da parte di un autore di una o due generazioni più giovane, per rimediare: ma il Nostro è notoriamente geloso del suo lavoro e non ama spartirne i crediti con altri. Perciò bisogna tenerci Un colpo di fortuna così com'è e salvarne il salvabile: innanzitutto il finale, che vede in scena il più improbabile dei deus ex machina a sbrogliare una matassa altrimenti davvero troppo fitta e ingarbugliata per poter essere sciolta in alcun modo. E poi la buona costruzione dei personaggi, stereotipati a sufficienza ma comunque vivi. Su altri dettagli è meglio evitare domande, come sulla scomparsa improvvisa di Alain e sul fatto che nessuno al mondo se ne preoccupi, né tantomeno i vicini si prendano la briga di chiudere la porta di casa sua per giorni e giorni. Pazienza. Siamo lontani dal migliore Allen, ma siamo lo stesso dinanzi a un grande autore con le idee piuttosto chiare, peraltro a un'età veneranda. 4,5/10.
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