Regia di Woody Allen vedi scheda film
"Un colpo di fortuna" è l'ultimo film scritto e diretto da un Woody Allen ormai quasi novantenne, che in territorio francese torna alla sua forma migliore, nonostante qualche prova un po' opaca come il precedente "Rifkin's festival", e dirige un lungometraggio lucido e tagliente che guarda sicuramente a "Match point" e a "Crimini e misfatti" senza esserne una banale fotocopia. Il film ha un andamento per molti versi imprevedibile e spiazzante, pur riprendendo temi e motivi delle opere precedenti, chiaramente enunciati, parte come una commedia vagamente sofisticata con l'incontro tra Fanny e Alain, che le dichiara il proprio amore a tanti anni dalla loro prima conoscenza, poi gradualmente accantona il registro più leggero per diventare un melo' che si tinge di giallo e anche di thriller e diventa una riflessione certamente pessimista sul ruolo del caso nelle vite umane, dalle ascendenze kieslowskiane. La scrittura è articolata e fluida come nelle pellicole migliori di alcuni anni orsono, con una caratterizzazione dei personaggi assai sfaccettata e un'attenzione costante alle motivazioni psicologiche; i dialoghi sono a tratti serrati nel puro stile alleniano, ma il film si fa ricordare anche per un'attenzione al dettaglio visivo nel riprendere una Parigi e poi degli sfondi di provincia che rifuggono dal banale cliche'. Cinema che ha il coraggio delle proprie convinzioni, cinema che rielabora suggestioni da opere precedenti inserendole in un contesto drammatico differente, ma dove continuano a funzionare. Woody Allen a mio parere qui supera perfino il tanto osannato "Midnight in Paris" proponendoci una summa della sua opera matura che, se restasse davvero il suo ultimo film, sarebbe certamente soddisfacente. Il finale, tanto discusso e ovviamente da non spoilerare, ribadisce la convinzione dell'autore nel potere irrazionale della casualità che governa le esistenze degli uomini, a mio parere rendendo omaggio alla lezione del cineasta polacco. Ottima la direzione degli attori, con prestazioni ben calibrate di Lou de Laage e di Niels Schneider, volti per me finora sconosciuti ma che servono i rispettivi personaggi con ricchezza di sfumature e adeguata espressività, ma a dominare l'intero film è la performance gigantesca di Melvil Poupaud, attore che ugualmente ho seguito poco, ma che entra in sintonia con bravura impressionante nel ruolo chiave del film, rubando la scena ai colleghi e risultando estremamente inquietante. Molto buona anche la prestazione di Valerie Lemercier, il cui ruolo nella seconda parte assume un'importanza narrativa fondamentale. Da non perdere al cinema in questo anticipo di film natalizi.
Voto 8/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta