Regia di Catherine Breillat vedi scheda film
L'amore al tempo dell'estate, ma poi arriva l'inverno
Torna dopo dieci anni Catherine Breillat con L’été dernier che conferma il tema dell’erotismo come cifra dei suoi film, il suo sguardo lucido sul pianeta donna di cui scava ogni fibra più intima, la guerra dei sessi in cui nessuno vince e non si fanno prigionieri.
Breillat porta a perfezione di stile un racconto che s’incardina nel corpo vivo di un ordine sociale costretto a buttare all’aria tutte le sue tutele, ne rosicchia come un topo i tubi delle condutture e l’acqua invade, impregna, seppellisce.
Molto presente il tema dell’acqua, simbolo erotico di sogni rivelatori, nel laghetto Anne ( Léa Drucker) e Théo (Samuel Kircher) giocano, i corpi seminudi si scontrano, spingono la testa l’uno dell’altro sott’acqua e quando riemergono è come se avessero ricevuto l’imprinting dell’eros, negli sguardi c’è quello che le parole non oserebbero mai dire, non si passa attraverso l’organizzazione razionale del linguaggio verbale quando il desiderio domina, un linguaggio molto più eloquente è quello del corpo a cui non è dato opporsi.
In anni ormai lontani, quelli di Oshima e dei suoi film sull’amour fou, furono dette cose definitive, ma è soprattutto nell’opera di George Bataille la teorizzazione dell’uomo come separazione dalla totalità della natura, e dunque il riconoscimento della necessità di recupero di un’unità che passi attraverso la trasgressione.
L’ordine stabilito dalla società è funzionale all’ accumulo del capitale, trasgredirlo nell’eccesso di piacere e dolore assume le forme di un erotismo tragico che è pratica della gioia dinanzi alla morte.
La totalità divina – continua Bataille -- è legata alla trasgressione della legge che fonda l’ordine degli esseri frammentari. Gli esseri frammentari che sono gli uomini si sforzano di perseverare nella frammentarietà. Ma la morte, o almeno la contemplazione di essa, li riconduce all’esperienza della totalità. L’essere nella sua interezza è quindi accessibile all’uomo solo nella trasgressione dei suoi limiti, oppure nella rappresentazione drammatica di quegli eccessi, cioè nella letteratura, nel sacrificio cruento, nelle immagini dotate del potere di sconvolgere: nel concetto di erotismo tragico questi stati emozionali così intensi trovano la loro unificazione.
Ma un film francese, e soprattutto europeo, non ha l’aura tragica del Sol Levante, l’ambiente dove Anne, la relativamente giovane seconda moglie, e Théo consumano la loro trasgressione è quello della buona borghesia con villa in collina, regali costosi per Natale con albero e famiglia riunita, lavoro redditizio del marito, spesso lontano per affari, brillante carriera di lei come avvocato, guarda caso, di abusi sessuali su minori.
Su questo tranquillo ménage piomba il diciassettenne di primo letto del marito, ribelle e trasgressivo come impongono i suoi anni, trascurato nella crescita dal padre, bello come un angelo, riccioli bruni al vento.
Il vento caldo dell’estate, l’ultima, certo, per Anne, porta i due corpi a quegli stati emozionali così intensi (che) trovano la loro unificazione.
Breillat racconta con geometrica esattezza e spietata condivisione i gradi di avvicinamento dei due, la carica pittorico-estetizzante dei primi piani e della cornice che li contiene cattura.
II tema dionisiaco è dominante, visto come “lo spirito selvaggio dell’antitesi e del paradosso, dell’immediata presenza e della assoluta e remota distanza, della felicità e dell’orrore, dell’infinita vitalità e della più cruenta distruzione” (Walter Otto).
Ma siamo immersi nella serena smemoratezza della buona famiglia a cui nulla può accadere di tragico, e d’estate si vive come in un acquario di giorni identici, astrali.
Purtroppo Théo è ancora troppo giovane, non ha le tutele che gli anni costruiscono addosso alle persone e crolla rivelando tutto al padre. Perchè? Non è facile dirlo, forse il padre aveva sospetti e ha teso trappole, o forse in Théo ha prevalso il senso di colpa di fronte ad un padre assente e desiderato. Il corpo detta le sue regole, il cervello ama sconvolgerle.
Lei però è donna di legge, ha lasciato che il suo lato infantile prevalesse, ma ora non può più, torna indietro.
Glaciale come una Sfinge si difende, sa farlo, è un buon avvocato e sa come uscirne.
Il film si spezza così a metà: l’ultima estate solare, felice, scherzosa e, soprattutto, giovane, lascia il posto al freddo e alla pioggia dell’inverno.
I due amanti sono su sponde opposte, in mezzo ci sono avvocati, minaccia di denuncia per abuso su minore, potrebbe essere la catastrofe, ma i soldi sanano tutto..
I ruoli si ribaltano, Anne con le sue ragazze violate passa all’altra sponda.
In quell’ultima estate non c’era nulla di brutto, sporco, selvaggio. Giovinezza e bellezza dovevano trionfare e l’hanno fatto.
Ma l’eterno scontro tra le pulsioni di vita e di morte ha sempre il suo prezzo da pagare. Il freddo arriva e l’ultimo incontro sa di morte.
Il marito, a letto, la stringerà a sé.
“Sta zitta”, le ultime parole.
Léo Ferré canta Vingt ans sui titoli di coda.
Pour tout bagage on a vingt ans
On a l’expérience des parents
On se fout du tiers comme du quart
On prend le bonheur toujours en rétard
Quand on aime c’est pour toute la vie
Cette vie qui dure l’espace d’un cri...
www.paoladigiuseppe.it
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