Regia di Peter Farrelly, Bobby Farrelly vedi scheda film
Di fronte ai film dei fratelli Farrelly si ha sempre la strana e fastidiosa sensazione di qualcosa di calcolato, studiato a tavolino, per sbeffeggiare o ironizzare con pesante ironia e caricaturale esagerazione situazioni e tipi sui generis. Generalmente la critica va in brodo di giuggiole di fronte alle loro opere per lo più volgari, grossolane e riciclate, spacciando la loro vena sarcastica e scapestrata per una pungente satira sulla vuota società moderna. Personalmente ho apprezzato solo due o tre sequenze di "Scemo e più scemo" (su tutte la seduta sul water di Jeff Daniels, molto più brillante e spiritoso di Jim Carrey), ho trovato qua e là simpatico, ma non certo irresistibile, "Tutti pazzi per Mary", ho detestato "Io, me & Irene", film stupido ed incentrato esclusivamente sulla vena gigionesca e a tratti davvero insopportabile di un Jim Carrey incontenibile e sfacciato imitatore di Steve Martin. In "Amore a prima svista" i Farrelly si convertono al buonismo e forse trovano la strada giusta per confezionare un film quantomeno gradevole, nonostante la presenza di un'insignificante Gwyneth Paltrow, molto più brava ingrassata, cadente e sfatta (forse perché non la si riconosce) che non quando sfoggia la sua solita aria da prima della classe supponente e smorfiosa. Quanto a Jack Black, comico di una certa fama negli States, certo non brilla per simpatia né per carisma, forse perché, come spesso capita nel cinema dei due fratelli terribili, alle prese con un personaggio gradasso, superficiale, arrogante e poco sensibile, materialista e narcisista, un pallone gonfiato completamente incentrato sul suo presunto ed inarrivabile fascino, senza rendersi conto di essere un povero sfigato, senza arte né parte. Ed è proprio questo l'aspetto più riuscito ed interessante della commedia: non tanto l'ironia sui grassi, la descrizione delle battute cattive e gratuite a cui troppo spesso sono soggetti, le situazioni imbarazzanti, grottesche, quasi inverosimili in cui si vengono a trovare causa il loro insostenibile peso, l'impossibilità, alla fine, di vivere una vita normale come tutti, perché ostacolati da un corpo ingombrante ed esagerato, (tema peraltro affrontato con identica superficialità e piattezza ne "Il professore matto") quanto la presa in giro burlesca, ma a tratti spietata, di un certo modo di porsi, di ragionare, di comportarsi di tante, troppe, persone che costruiscono la loro vita sulla superficialità, il vuoto, il divertimento fine a se stesso, l'ipocrisia e l'arroganza, l'apparenza e la ricchezza, la sfacciataggine e l'inganno, nella stupida e personale convinzione di essere sempre e chissà per quale motivo migliori degli altri (in questo senso sono molto significative le sequenze in cui il protagonista, di fronte agli sguardi attoniti, increduli e del tutto basiti dei suoi amici, balla scatenato con un gruppo di ragazze che lui vede, causa ipnosi, meravigliose e sensualissime, mentre in realtà sono obese e decisamente poco attraenti, risultando, anziché brillante e sexy, come lui immagina e vorrebbe, piuttosto ridicolo e grossolano). Paradossalmente un film perfetto per la Paltrow, (chissà se accetta una tale chiave di lettura) troppo presto eletta star dai media capaci di formattare e uniformare qualsiasi gusto ed interesse, portando sugli altari o gettando nella polvere chiunque a seconda di come soffia il vento, e che su questa eccessiva, falsa, prematura ed immeritata pubblicità (assurdo Oscar compreso) ha costruito la sua immagine di attrice snob, credendo di essere la più brava di Hollywood, dimenticandosi, a tutti gli effetti, di essere prima di tutto una raccomandata (il padre era grande amico di Spielberg, e si sa quanto possa fare il re Mida di Hollywood che infatti ha voluto la giovanissima Paltrow per una piccolissima partecipazione in "Hook"). Più scontata e innocua invece la morale edificante e piuttosto risaputa sull'importanza della bellezza interiore, sulla necessità di non farsi ingannare dalle apparenze, sul bisogno di sentimenti autentici e profondi che superino le barriere dell'esteriorità e dell'aspetto fisico e si concentrino sulla reale e sincera identità delle persone. Sempre da gustare infine la presenza di Joe Vitarelli, nei panni del padre della protagonista, irresistibile caratterista, per una volta non nelle vesti di mafioso come in "Pallottole su Broadway" o "Terapia e pallottole".
Voto: 6 e mezzo.
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