Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film
Si tratta di un film quasi privo di soggetto, ma non è un documentario, anche se gli somiglia. La cinepresa segue alcune giornate di un villaggio della Georgia, dove i ritmi di vita e di lavoro proseguono indisturbati dalla permanenza di un quintetto di musica da camera. La modernità è rappresentata da pochi oggetti: un camioncino, una macchina (di proprietà di un maggiorente del partito), un paio di trattori, un aereo spargiconcime, un vecchio giradischi e un televisore che non funziona. La legge resta un concetto vago, lontano, nonostante la penetrante burocrazia sovietica. Illuminante in proposito la bellissima sequenza in cui Anton, il poliziotto del villaggio, rimprovera l'anziano zio Nestor che miete il grano nel campo di proprietà del kolkoz, ma successivamente fa finta di niente quando sorprende un funzionario del partito a pescare nel fiume con le bombe. I ritmi del villaggio, al di là dei simboli della "modernità", non vengono scalfiti dall'arrivo dell'orchestra di musica da camera per le prove; i gesti sono sempre gli stessi: il lavoro, le bevute, le liti, le cene colossali e le sbornie altrettanto colossali. Solo una ragazzina, Eduki, è affascinata dai musicisti venuti dalla città. Poi il quintetto torna in città e la vita del villaggio prosegue come sempre. E Ioseliani (Tblisi, Georgia, 1934) pare dirci che si tratta di due mondi diversi, separati, forse incomunicabili. Questo di Ioseliani è un cinema antispettacolare ma molto significativo, senza nemmeno i ritmi lenti di tanto cinema sovietico. Il titolo non ha a che vedere con qualcosa che accade nel film, ma con la musica suonata dall'orchestrina, soprattutto brani di Arcangelo Corelli (1653 - 1713). (12 aprile 2004)
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