Regia di William Friedkin vedi scheda film
La dodicenne Regan assume atteggiamenti sempre più strani, tanto da indurre l’affaccendata madre Chris a farla visitare da medici e psicologi. Uno di questi le suggerisce che, per quanto sia tutto frutto di suggestioni, un esorcismo potrebbe fare al caso della ragazzina. Viene ingaggiato un prete locale appena diventato orfano, al quale si affianca il più esperto Padre Mirren: insieme tenteranno di salvare la povera Regan dal demonio in persona…
Il film non ha bisogno di presentazioni, essendo uno dei più famosi dell’intera storia del cinema. La visione, terrificante e disturbante al contempo, conferma che dietro un’aura di mitologia si celi anche una pellicola in cui c’è molta molta sostanza. Colpiscono vari aspetti del film. Innanzitutto la sceneggiatura, che annoda assieme tre storie, tre trame differenti tra loro, che viaggiano lungamente e volontariamente in parallelo prima di finire per intrecciarsi attorno al capezzale di Regan. Poi la regia di William Friedkin, che (ab)usa (di) profondità di campo, movimenti di macchina e campi totali che danno al film un tocco di personalità molto concreta, oltre a sublimare la tensione di fondo, con una spiccata prosopopea profilmica. Infine la fotografia, molto carica negli interni, fredda e quasi impersonale negli esterni (a testimoniare lo straniamento metropolitano tipico di un non-luogo, ma anche di una certa a-temporalità). Infine, ma forse più preponderante di tutti, il leggendario (e riconoscibile fin dalle primissime note) tema musicale che ha fatto storia.
Un film validissimo, anche storiograficamente, rappresentando, assieme a “Lo squalo” e “Guerre Stellari”, la trilogia che ha cambiato definitivamente il futuro del cinema, avviandolo verso quella dimensione mainstream che, forse, ci fa ancora oggi parlare della cinematografia come di un’arte contemporanea dal profondo valore socioculturale.
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