Regia di William Friedkin vedi scheda film
"L'Esorcista" è la virulenza del represso. Tutto ciò che la nostra morale ci obbliga a nascondere, frenare e reprimere, ha trovato la sua valvola di sfogo in questo primo esempio cinematografico di meta-horror, che introduce nel genere il malefico e il soprannaturale, inserendolo in un sereno contesto borghese (come aveva già fatto il precedente "Rosemary's Baby"). Esempi precedenti, anche nel bianco e nero e nel cinema delle origini, possono benissimo esserci, ma il film di Friedkin fa parte di quel processo di formazione del new horror che, iniziato nel '68 con i morti viventi di Romero s'è ufficializzato con il killer metafisico del capolavoro di John Carpenter: "Halloween".
Anche qui il taglio registico, l'essenzialità tipica dei '70, e una colonna sonora ormai celebre, hanno contribuito, e non poco, a creare culto intorno ad un film che per la sua peculiarità disturbante rimane un classico sia del cinema horror, che un classico del cinema universale.
Non ho chiesto (ovviamente) a William Fiedkin il perchè di un film del genere, ma se pensiamo al fatto che Fiedkin è stato tra quei registi americani, che han voluto disturbare la Hollywood dei '70 con una loro sovversiva filosofia cinematografica (vedi "Il Braccio Violento della Legge" di Friedkin con Hackman), questo suo bellissimo "Esorcista" è da inserire in tale percorso.
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