Regia di Marc Forster vedi scheda film
Festeggiavano, la sera prima di ogni esecuzione, i boia della regina d’inghilterra. E per esorcizzare il loro empio potere sulla vita e sulla morte si ubriacavano in una macabra cerimonia chiamata “Monster’s Ball”. Secoli dopo, in Georgia, Stati Uniti, un altro boia si prepara a uccidere un uomo. Per Hank (Billy Bob Thornton) la pena capitale è un rito algido, meccanico. Era così per suo padre (Peter Boyle) e dovrebbe essere così per suo figlio (Heath Ledger), che invece è un “debole” perché piange e vomita mentre scorta un dead man walking. Dopo una prima tragedia Hank conosce Leticia, moglie del condannato a morte: sono anime perse, alla deriva, senza nessuna Thunder Road che si apra per loro all’orizzonte. Forse è per questo che si capiscono, al di là del razzismo, delle incomprensioni, degli equivoci. Sorprendente film di un cineasta svizzero, Marc Forster, che con sguardo volutamente alieno si immerge in una realtà chiusa, quella di un piccolo centro del Sud americano, per rielaborarne stereotipi e luoghi comuni. La discriminazione, la grettezza, l’etica dei rednecks; ma anche il senso di una malvagità inconsapevole, tramandata di padre in figlio, di fronte alla quale vacilla lo stesso concetto di “colpa”. Tutto questo per non svelare gli intrecci di una trama complicata (in un paio di momenti pure troppo) e per sottolineare il tema springsteeniano della pellicola: ogni uomo, anche Johnny 99, ha diritto a una seconda possibilità. Chiamatela Dio, Halle Berry o Manitù, ma state certi che il bianco e il nero non esistono se ci si concentra sulle sfumature. È quello che fa Forster, classe 1970, con uno stile di regia che si tiene lontanissimo dai vezzi del cinema americano indipendente e naturalmente dal mainstream hollywoodiano. “Monster’s Ball” è un film soprattutto intenso, giocato su una grande intuizione: raccontare la storia di un uomo che non c’era e improvvisamente c’è. Immenso, gigantesco, straordinario Billy Bob Thornton. Come si possono considerare altri candidati al ruolo di “miglior attore” quando questo tizio dell’Arkansas riesce con un semplice gesto (per esempio pulire una macchia di sangue da una poltrona) a evocare un intero universo di sconfitta e dolore? La bravura di Thornton segna la capitolazione di qualunque Metodo. Perché anche in questo, nella sua semplicità, “Monster’s Ball” riesce a essere rivoluzionario. Ricordandoci che la miglior recitazione e la miglior regia sono quelle che non si vedono.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta