Regia di Krzysztof Kieslowski vedi scheda film
1984, la Polonia è sotto il regime comunista di Jaruzelski, Krzysztof Kieslowski nell’arco di una decina di anni è passato dal cortometraggio al documentario per approdare al lungometraggio. SENZA FINE è il suo quarto film: un uomo racconta la sua morte avvenuta quattro giorni prima per infarto, il suo sguardo accarezza la moglie e il figlio che dormono. Al loro risveglio svanisce, lui il defunto è l’avvocato Antoni Zyro, la moglie Ursula riceve una telefonata da Tomek un amico di entrambi e gli comunica il decesso poi accompagna il figlio Jacek a scuola. Al rientro trova ad attenderla Joanna, la moglie di un cliente di Antoni, la quale con insistenza vuole il fascicolo riguardante il marito Dariusz, un operaio sotto processo per uno sciopero non autorizzato. Dopo una iniziale diffidenza Ursula frequenta Joanna e alcuni amici accomunati dalla militanza nella famosa organizzazione sindacale antigovernativa Solidarnosc. La vedova di Zyro consiglia Joanna di prendere come avvocato del marito Labrador che accetta essendo stato Antoni suo allievo e nonostante le ritrosie iniziali perché trattasi di un delicato caso politico. Intanto Ursula compensa la solitudine e la mancanza del consorte andando a letto con uno sconosciuto americano pentendosi subito dopo, l’amico Tomek la illumina su alcuni “misteri” e segreti di Antoni, le rivela il suo amore per annunciarle in seguito la decisione di lasciare per sempre la Polonia. Dariusz in carcere ha intrapreso uno sciopero della fame con altri compagni di cella di Solidarnosc, l’avvocato Labrador incline al compromesso escogita alcune soluzioni per salvare ad ogni costo l’assistito. Ursula ricorre ad uno psicoterapeuta per cancellare dalla mente Antoni ma ottiene il contrario. In tribunale l’operaio viene condannato a diciotto mesi con sospensione della pena per due anni. Una sentenza che scontenta tutti, Ursula triste e inconsolabile prende una drastica decisione che la ricongiungerà all’amato Antoni. SENZA FINE è una delle opere più amare di Kieslowski, scritta insieme a K.Piesiewicz (la prima di una lunga e proficua collaborazione), una metafora innanzitutto sulla Polonia oppressa e plumbea, rassegnata e infelice dell’epoca. Inoltre è una riflessione sul soprannaturale e sul caso che domina gli eventi e i destini individuali. Infatti ad Ursula avvengono strane cose: la macchina che si spegne improvvisamente poi riparte e un’auto che sopraggiunge si schianta pochi metri più avanti, misteriosi punti interrogativi sul nome di Labrador nell’elenco degli avvocati, oggetti che si rompono o che spariscono, apparizioni inaspettate. Riflessioni politiche (la coerenza di Dariusz e la morte del sindacalista Barbanera), le differenti visioni (e le tre linee difensive) della giustizia e della libertà del vecchio avvocato, del suo assistente e di Zyro stesso. Il titolo fa riferimento alla storia di Antoni e Ursula, e Kieslowski dissemina il film non solo di simbolismi mortuari ma anche di gesti, atti, dichiarazioni e necessità primarie legate al sentimento dell’amore. Egli non scade mai in volgarità o morbosità nelle rappresentazioni del sesso, nello spiegare per esempio (come fa Ursula a Jacek) come si fa a venire al mondo, piuttosto rasenta la poesia, tocca la normalità e la naturalezza della vita e della morte. In questo film denso e toccante (che in Polonia scontentò tutti: Chiesa, Stato e opposizione) ci sono tutte le tematiche che arricchiranno i futuri capolavori del regista. E nel cast si riconoscono alcuni volti che ne prenderanno parte come Grazyna Szapolowska e Artur Barcis. Oggi più che mai ci manca il cinema dallo sguardo lucido, ieratico e morale di Kieslowski. Ci manca terribilmente.
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