Regia di Michele Riondino vedi scheda film
Riondino prende spunto da una storia vera e, finalmente, realizza un film politico e civile, vicino a certe pellicole degli anni settanta. Sarebbe ora che tutto il Cinema italiano cominciasse a trattare temi come questi, sociali e legati al mondo del lavoro, invece di sfornare operine ignobili e del tutto inutili. La "Palazzina Laf" è stata, negli anni novanta, un luogo di "confino aziendale", un ambiente degradato dove "parcheggiare" quei lavoratori che, in un modo o nell'altro, erano scomodi ai dirigenti dell' ILVA di Taranto, la famigerata acciaieria. Riondino interpreta un personaggio piccolo, quasi analfabeta, a cui, per conoscenze, viene affidato il compito di "spia" e fatto infiltrare in questo luogo-non luogo, per riportare al superiore eventuali macchinazioni e le (poche) mosse del sindacato. Caterino, questo il suo nome, viene a contatto con questa specie di carcere aperto e con i suoi inquilini, tutti professionisti ma costretti a non fare nulla tutto il giorno, in un ambiente di mobbing pesantissimo. La sua presa di coscienza è tardiva e ambigua, mentre attorno a lui cresce la "resistenza" per questa situazione grottesca e paradossale. Un film duro, recitato molto bene, sporco come sporca è l'ILVA, dalla sua aria alla sua dirigenza, dove non si salva quasi nessuno, se non la dignità delle persone "intrappolate". Non è fantascienza distopica ma è il nostro recente passato, è Storia, e questa cosa fa pensare e indigna profondamente. Un gran bel film, che non lascia spazio a nessuna retorica, e a cui preme far conoscere una realtà molto più diffusa di quello che si pensa: le "palazzine confino" furono (o sono) realtà parallele di un mondo del lavoro allo sfascio. Da recuperare e da vedere.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta