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The Penitent - A Rational Man

Regia di Luca Barbareschi vedi scheda film

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John_Nada1975

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La recensione su The Penitent - A Rational Man

di John_Nada1975
6 stelle

Film coraggioso e certamente fuori dalla tavola solitamente apparecchiata con le solite pietanze e menù- girato e ambientato a N.Y., città che Barbareschi conosce bene fin dai settanta, poichè già ci viveva- , di un cinema italiano attuale che tolti quattro o cinque film all'anno, è pressoché impresentabile e irrilevante. Barbareschi mette molta carne al fuoco, forse troppa, arricchisce persino la pièce originale di Mamet, con tematiche che vi erano già presenti ma che al cinema possono certamente raggiungere più persone, che piacciono molto a destra e che da questa sono cavalcate ma solo per raccattare qualche voto in più e poi al solito assicurarsi un bel posto a tavola, tipo la nuova religione assolutista e intollerante Lgbt e le altre cazzate di sigle che si allungano ogni anno e che certamente la Schlein sa a memoria, e ciò che di inquisitorio accade a chi solo ha il fegato di dire qualcosa di dissonante, il potere di plagio della verità, occultamento delle notizie, mistificazione delle ragioni e persone, da parte degli onnipresenti e tutti venduti, media giornalistici. 

In più addirittura la complessità dell'interpretazione dei testi sacri dettanti fede e anche punizioni, come ordini di uccidere ed editti, come la Torah e lunghi scambi dialettici sulla fede ebraica e ciò che si ripercuote da essa nel processo alle streghe in cui si deve difendere lo stesso protagonista(per non avere saputo prevedere la strage- altro tema americano "scottante" aggiunto alla trama oltretutto compiuto da un omosessuale che non si accetta e odia tutti- scolastica di 8 persone, da parte di un ragazzo omosessuale che aveva in terapia, e per cui adesso la difesa vorrebbe costringerlo a testimoniare in suo aiuto), lo psichiatra Carlos David Hirsch, d'altronde ebreo Barbareschi, nella lunga sequenza di dibattimento in una sala del palladiano Palazzo di Giustizia di N.Y. con un procuratore nero un pò fanatico(altra scelta che si distingue), interpretato dal noto attore teatrale britannico di colore, Adrian Lester.

Come detto, davvero molta carne al fuoco resa attraverso lunghe sequenze di dialogo dall'impianto teatrale, come quelle nello studio legale con l'ambiguo amico avvocato Richard, interpretato da Adrian James, già nel precedente film da regista di Barbareschi, e con un eccellente livello di recitazione da parte di tutti, Barbareschi compreso, unico poi con la sua vera voce.

Ambienti tutti di lusso ed eleganti, tra case come del protagonista altissimo borghesi dell'Upper side, club nautici storici ed esclusivi, cliniche private di lusso come quella della nevrotica moglie McCormack che ha tentato il suicidio nel finale, inficiano un pò l'immedesimazione e partecipazione dello spettatore medio, in quello che sta passando il professore, che perde dal Consiglio dell'Ordine Medico, anche la possibilità di esercitare, e i suoi molti titoli retroattivi.

Il finale però ribalta tutto questo, e anche il ruolo di vittima e complice/carnefice, con un'altra scelta coraggiosa e tipicamente "mametiana', che certamente Barbareschi il quale ha portato all'Eliseo(che con il suo logo partecipa alla produzione del film), non poteva nè voleva modificare, ma che non può che lasciare con l'amaro in bocca e con la sensazione di raggiro, lo spettatore medio troppo abituato ai finali ormai tutti ampiamente prevedibili e rassicuranti.

Impagabili le bordate alla psichiatria, come scienza del "non intervento", dell"ascolto", fondamentalmente inutile, ma ben pagato.

Interessanti molte scelte di ripresa e di inquadrature, prese come ispirazione da alcuni film soprattutto americani e di successo, che Barbareschi ha certamente apprezzato, e lo sfuocamento delle mani e di alcuni contorni, bordi, operato nella lunga sequenza citata in Tribunale con Adrian Lester(e una topissima, muta stenografa, che quasi sicuramente il Lucone si sarà ingroppata dato il notorio palettonissimo che lo agita, che è sempre stato e sarà ancora, incanutito e ingobbito ma sempre prestante sessantasettenne, in eleganti abiti doppiopetto a tre pezzi e stiloso impermeabile giallo Burberry's), a testimoniare visivamente il crescente senso dell'assurdo, e dello spaesamento anche sensoriale del protagonista, per il suo assurdo e strumentalizzato dai media, stato di accusa.

Peccato che poi tutte queste cose buone vengano ampiamente sputtanate dai comportamenti sclerotici e sclerotizzanti, come di un novello e duale "Harvey Dent dalla fame di fama", di Barbareschi che poi và a ballare in programmi da "top ten" della più escrementizia TV trash italiana dei lobotomizzati- per restare in tema psichiatrico- come "Ballando con le stelle", della Carlucci.

 

John Nada

 

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