Regia di Federico Zampaglione vedi scheda film
AL CINEMA
Italia 1993.
Un paesino di campagna in in luogo imprecisato che assomiglia ad un verdeggiante Centro Italia, conosciuto col nome di Sambuci ospita, in una ricca villa nobiliare, un dipinto misterioso posto sopra un caminetto e gravemente compromesso dai fumi sottostanti che lo hanno quasi completamente annerito.
In quel luogo sopraggiunge l'americana Lisa Gray, giovane figlia di un celebre restauratore, che accetta l'incarico di riportare allo stato originale il dipinto logoro e trascurato, in modo che la famiglia possa collocarlo in tempo per un'asta prestigiosa ormai imminente.
I tempi sono stretti e Lisa decide di soggiornare e dormire in quella stessa stanza ove si trova il dipinto, per entrare più in sintonia con l'opera, scoprendo poco per vota i dettagli di un artefatto piuttosto inquietante.
Tuttavia nulla al confronto con quanto succede realmente tra gli scantinati della magione, ove, nei pressi di un lugubre pozzo, si consumano rituali sacrificali volti a nutrire l'essere malvagio che si annida tra quelle putride fondamenta di ispirazione satanica.
Federico Zampaglione cambia nettamente stile e tematiche ogni qual volta si destreggi tra un tipo di arte e un'altra. Musicalmente, coadiuvato dal suo gruppo storico di cui è leader (Tiromancino), si crogiola da sempre tra canzoncine di amori romantici o teneri in stile "cuore di panna".
Da regista dà sfogo spesso ad una ben celata vena macabra che lo rende artefice di horror truculenti e a gran tasso di macelleria, a volte pure con risultati egregi o almeno incoraggianti (Shadow su tutti, risalente al 2010).
Stavolta l'atteso ritorno al cinema di genere si traduce in un film solo a tratti suggestivo, più costruito a tavolino che scritto con criterio e desiderio di raccontare una storia compiuta.
Convince almeno in parte la originale ambientazione, assieme ai tratti mostruosi di qualche creatura degli abissi, ma la scrittura traballa e si svilisce in ripetute scene gore che trasudano inutile compiacimento, come accade ahimè da oltre un trentennio all'opera di Dario Argento.
Anche gli interpreti convincono assai poco: la protagonista, Lauren LaVera, con una certa esperienza sulle spalle in materia orrorifica (è apparsa in Terrifier 2 e si vedrà anche nel terzo, certamente sanguinosissimo capitolo), sembra un clone tra una pertinente Jessica Harper (indimenticata protagonista si Suspiria) e una ben meno azzeccata Cristina D'Avena. Il suo è un personaggio tutto cliché risaputi e sciocchi.
E pure Claudia Gerini sembra piuttosto imbarazzata ad impersonare un personaggio di nobildonna che racchiude dentro la sua magione e tra l'annerita tela del quadro, i segreti di un rituale satanico che risale alla notte dei tempi, in un passato oscuro ed ancestrale che per fortuna a tratti trapela grazie a scelte scenografiche e di location azzeccate, rovinate purtroppo dalla presenza di personaggi-vittima banali e poco incisivi. The well pertanto si rivela un'opera poco convincente, che promette ben di più di quanto effettivamente conceda ad uno spettatore minimamente esigente.
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