Regia di Gianfranco Giagni vedi scheda film
Certo giudicabile meglio che in passato grazie al nuovo smagliante master Severin in HD del 2023 e addirittura da 4K, che rende massima giustizia alla fotografia di Nino Celeste, più naturale nella parte ambientata a Dallas e in tutti quegli interni girati a Roma alla De Paolis, rispetto alla scelta di effettuare con luci blu e verdi debitrici dichiarate di Mario Bava, ma ancora di più di Dario Argento e "Suspiria", come per i corridoi rossi, il corridoio con i lenzuoli bianchi illuminato in maniera abbacinante alla Tovoli come in "Phenomena", da cui provengono coltellate e rossissimi fiotti e schizzi di sangue su bianco.
L'ambientazione a Budapest nelle sue strade deserte rese come in un fumetto di Dylan Dog, del quale uno degli autori principali quel poliedrico Gianfranco Manfredi, è lo sceneggiatore, ha una buona atmosfera e una bella resa cromatica per le sue palazzine austroungariche colorate, sia in ambientazione diurna che notturna, trascinata w onirica, dichiarare negli (im)possibili intenti di replicare intere scene stesse di "The Tenant"(L'inquilino del terzo piano) di Roman Polanski.
La più riuscita delle quali è una apparizione da distanza dal palazzo di fronte alla finestra, di una ammaliante Paola Rinaldi(che riempie completamente il film ad ogni sua apparizione, primo.piano, e sequenza in cui è presente. Dove non c'è l'interesse cala vistosamente subito), nuda integralmente, pelle bianca capelli e pelliccia nerissima, labbra rossofuoco e sorriso e sguardo tra l'ignotico el'enigmatico.
Per non parlare della scena di sesso con il protagonista sorta di clone americano di Urbano Barberini, quando come adetta della setta degli adoratori degli arachidi, secerne sulle spalle dell'uomo una bava trasparente e filamentosa dalla bocca, che troppo richiama però allo sborro fra i due corpi nudi.
Effetti speciali di Stivaletti in massiccio utilizzo di passo uno per alcuni ragni, ammirevole anche dato il poco utilizzo nel cinema italiano di tale tecnica di effetti speciali dal vero e da sempre, con diverse trovate di mutazione e strappi derivate per il bambino metà ragno con le zampe finale, è il mostruoso parto del bozzolo, da Rob Bottin per "La Cosa".
Manca del tutto un crescendo e la tensione è molto piatta, nonostante una cura e delle forse anche ambizioni, superiori al solito per le produzioni Reteitalia del tempo, basti vedere la sequenza della uccisione di William Berger nelle catacombe illuminate di taglio alla Mario Bava, forse da ascrivere alla produzioni di un Tonino Cervi in crisi economica, che si cimenta per la prima volta con un horror.
John Nada
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