Regia di Jill Sprecher vedi scheda film
Il tema centrale del film è la precarietà della vita moderna, accanto al problema della coscienza. In uno scenario di tradimenti, divorzi, figli drogati, invidia, fragilità esistenziale si muovono personaggi che quasi tutti commettono il male e cercano in tutti i modi di soffocare la coscienza che li rimprovera. Arrivano pertanto persino alla nevrosi (come l'avvocato), quando basterebbe un semplice gesto riparatore per avere la pace interiore. Il passo però è troppo arduo, e si preferiscono i surrogati (il lavoro cercato al licenziato, le autopunizioni fisiche, ecc.). Si parla anche del senso di inappagamento dell'esistenza umana, per cui l'uomo lo cerca invano in cose che promettono grande felicità, ma lasciano l'amaro in bocca, assieme al desiderio di rientrare in carreggiata (come il professore adultero). Vi sono anch piccoli momenti molto intensi, come il calvo che dice: se quel giorno che partivo avessi fatto un cenno di saluto a mia moglie sulla finestra forse non saremmo divorziati; però non lo feci. I personaggi sono ben definiti e gli attori bravi, mentre la regia gestisce bene l'abbondante materiale, ponendo attenzione anche all'intrecciarsi delle storie e ai salti temporali. E' un film triste ma non cinico (il che mi avrebbe urtato). Rappresenta l'uomo moderno che ha abbandonato Dio è ridotto pertanto allo sfascio e alla precarietà.
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