Regia di Manfredi Lucibello vedi scheda film
TFF 41 - CONCORSO
Uno squillo telefonico in una notte di piena pandemia da Covid nel marzo del 2020 desta una giovane di nome Irene, a letto con il suo compagno.
Il suo ex Pietro cerca di ricontattarla, e la donna intuisce presto che non la sta chiamando dall'estero, bensì dalla casa di villeggiatura a Santa Marinella, a solo un'ora da casa di Irene.
Ma ciò che induce la donna a raggiungerlo non è tanto un ripensamento riguardo a come si sono lasciati, bensì al gesto che Pietro, neppur troppo velatamente, minaccia di compiere in quella notte da incubo.
Uscita in sordina da casa nonostante il lockdown conclamato, presa in prestito l'auto senza benzina del suo compagno, Irene parte tra le tenebre notturne per cercare di salvare il salvabile di una vita, e forse anche di una relazione che non è davvero proprio finita.
L'opera seconda di fiction di Manfredi Lucibello, dopo il suo esordio Tutte le mie notti, presentato alla Festa di Roma in Alice nella Città nel 2018, è un thriller che non concede tregua e, come già sperimentato in altre occasioni, come Locke con Tom Hardy o In linea con l'assassino di Joel Schumacher con Colin Farrell, la macchina si concentra su in personaggio e lo tallona tutto il tempo, alle prese con una telefonata che non gli permette di potersi sottrarre o riattaccare. Lucibello gira con una buona perizia e si sbilancia su spazi ristretti di un abitacolo d'auto che è per oltre 3/4 del film la unica scenografia possibile.
Barbara Ronchi è molto brava a rendere palpabile lo stress e l'isteria crescente che la vicenda si porta dietro e la voce calda di Claudio Santamaria appare perfetta per il ruolo stoicamente sacrificato ma intenso che lo vede presente solo in poche pose finali.
Purtroppo ciò che non funziona per nulla è la sceneggiatura che, per rendere il vortice degli eventi e comunicare isteri, si concede in soluzioni e situazioni davvero improbabili che vedono la pur tenace e risoluta protagonista rendersi responsabile di un errore dietro l'altro e di ingenuità che il proprio personaggio non merita proprio. Alla fine si esce storditi e, più che avvinti, stressati non meno della combattuta Irene. Peccato perché il film si avvale altresì di collaborazioni di spicco come l'apporto musicale efficace di Motta, che riesce a rendere l'atmosfera di ansia crescente che il film cerca invano e con troppi trabocchetti ed astuti espedienti (il caricatore rotti, il cellulare esanime, la vettura a secco, il portafoglio scordato a casa...) di portare avanti.
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