Regia di Edoardo Leo vedi scheda film
Inferocito per essersi visto preferire la recluta Michele (Olivetti), Iago (Leo) - un malavitoso al servizio di Otello (Moraqib) nel litorale laziale dei primi anni Duemila - ordisce una trama per far fuori il rivale, suscitando la gelosia irrefrenabile del suo capo. Il vero andamento dei fatti viene raccontato vent'anni dopo davanti alle telecamere che sono entrate nel carcere dove Iago sconta la sua pena.
Dopo una serie di commediacce (Che vuoi che sia, I migliori giorni, I peggiori giorni), Edoardo Leo - in veste di regista - cambia decisamente passo, con un film ambiziosissimo quanto velleitario. Il suo nono film girato (anche) dietro la macchina da presa, infatti, altro non è che la riproduzione dell'Otello di Shakespeare in una chiava aggiornata ai bassifondi romani del XXI secolo. La vicenda di tradimenti, gelosie, falsità e desiderio di vendetta acquista così le sembianze di un qualsiasi Suburra, con dialoghi che riproducono in più occasioni quelli della tragedia originale, ma che - proprio per questo - suonano stonati e stranianti, con quel registro impostato che tradisce la provenienza teatrale dell'originale, finendo col tramutarsi in autoparodia. Ma al regista/attore romano va riconosciuto il merito di avere attualizzato temi legati a femminicidi e amori tossici che - oggi come nel XVII secolo - non hanno mai visto progredire l'animo umano. Nel complesso, il film è l'ennesima occasione sprecata per un uomo di cinema che figura decisamente meglio davanti alla cinepresa che non dietro.
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