Regia di Pedro Almodóvar vedi scheda film
Altra magnifica ossessione per il numero uno del cinema iberico contemporaneo, che con questo “Parla con lei” completa un’imperdibile trilogia sul tema dell’amore estremo, iniziata nel 97 con “Carne Tremula” e proseguita due anni dopo con “Tutto su mia madre” (forse il migliore dei tre). Ancora una volta, Almodovar racconta una vicenda paradossale, folle, credibile solo a patto che la si guardi con gli occhi puri di chi ama volare con la fantasia (e di chi ama il cinema!). Servendosi di un meccanismo narrativo infallibile, Almodovar conferma grandi doti di narratore, ma soprattutto innalza un nuovo pietoso, accorato e solidale inno ai suoi personaggi (o, truffautianamente, alle sue “creature”): la dote straordinaria di Almodovar e’ quella di far passare per credibile una vicenda paradossale come questa, mostrando (come il commovente Benigno) una logica nella follia, una lucidita’ nell’assurdo, trasformando una storia ai limite del morboso e del sensazionalistico in un pudico atto di umanita’. Almodovar fa per l’Amore (e per il melo) quello che Tarantino fa per la violenza (e per il noir): entrambi mostrano un immaginario dominato dai “corpi” (violentati o massacrati), per ribadire pero’, al contrario delle aspettative del pubblico piu’ cinico e smaliziato, il rispetto per le persone e per le anime contenute in quei corpi, attraverso l’irrisione della violenza (Quentin) e l’esaltazione dell’Amore come valore supremo, da anteporre a qualsiasi altra cosa (Pedro). Almodovar fa dunque un cinema altamente morale, nonostante le apparenze, evitando ogni compiacimento nella rappresentazione di un mondo caratterizzato si’ da figure eccentriche e casi patologici, ciascuno tuttavia con la sua dignita’ e i suoi sentimenti.
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