Regia di Wes Anderson vedi scheda film
I Tenenbaum sono una famiglia alquanto disastrata. I figli, ex enfants prodiges, sono vittime di apatia e nevrosi varie. La madre, genitrice integerrima ma alla fine passiva, sta cercando la quiete in un nuovo matrimonio. Il padre, separato (de facto) dalla moglie, fa ritorno al caldo nido familiare per ricucire i legami mai instaurati coi figli e per impedire il nuovo matrimonio della moglie. O forse è solo perché ha finito i quattrini?
Ironico (ma dolce) ritratto di una bizzarra famiglia americana, I Tenenbaum dà prova dello stile unico (e ben riconoscibile) di Wes Anderson. Gli spazi chiusi e ben dettagliatati di ogni inquadratura sembrano fatti ad hoc per dare più spazio ai tratti dei personaggi e alla follia di fondo che li accumuna. Il clima da gag sembra pervadere tutto il film in modo sottile ma continuo, quasi a suggerirci di non affezionarci troppo ai personaggi o di non prenderli troppo sul serio, talmente sono imprevedibili e nevrotici. E intanto vengono buttate lì alcune questioni: ha senso mantenere delle buone apparenze borghesi quando i legami familiari sono a pezzi? I fallimenti e le nevrosi dei figli sono da attribuire alle mancanze dei genitori o a loro stessi? Ha senso dare una seconda (e una terza) chance quando ci si è comportati da stronzi per tutta la vita?
Il regista non sembra volerci dare delle risposte e forse è questo il punto forte del film: evita di fare la morale e assolve tutti quanti. Anche chi non se lo merita.
L’interpretazione di Hackman nel ruolo di padre spassoso ma irresponsabile è – inutile dirlo – titanica, ma il resto del cast non è da meno, con alcune gradevoli sorprese.
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