Regia di Ambra Principato vedi scheda film
Se c'è una cosa che adoro, è guardare film ambientati in Italia nel XIX° secolo. Tutte quelle grandi magioni, gli abiti sfarzosi e il linguaggio ricercato che, inevitabilmente, scatena una pioggia di "Ehi, figurati!" e "Oh, ma certo!" dai nostri amici italici. E così, eccoci qui, con questo ennesimo film, un'opera che promette una sinfonia di emozioni poetiche e misteri spaventosi in una villa maledetta. Oh, beh, sembra proprio il posto ideale per trascorrere una vacanza estiva!
La storia ruota attorno a un giovane poeta di nobili origini, che vive con la sua famiglia in una gigantesca e remota magione. Certo, perché vivere in un appartamento nel centro di Roma sarebbe troppo banale, no? Questa famiglia aristocratica sembra avere il gene della maledizione nel DNA, perché la loro dimora è oggetto di un antico anatema che regala loro "eventi terrificanti e misteriosi". Devo ammettere, le "dimore maledette" sono una novità assoluta. Non abbiamo mai visto niente di simile, giuro!
Ma torniamo al nostro poeta. È uno di quei giovani sensibili, di quelli che passano il tempo a fissare il vuoto e ad abbozzare versi sulla carta. È così romantico che probabilmente annaffia le piante con parole d'amore invece di acqua. E naturalmente, essendo un poeta, non può mancare l'amore proibito. Ovviamente, si innamora perdutamente di una bella fanciulla del villaggio, di quelle che sembrano uscite da una copia de "La primavera" di Botticelli.
La trama avanza lentamente, come un poema epico che viene letto ad alta voce con il pilota automatico. Ci sono dialoghi tanto profondi che farebbero impallidire Persio e Orazio. Le conversazioni sono talmente intellettuali che il pubblico rischia di perdere qualche neurone. Perché farci emozionare con azione e intrigo quando possiamo avere dialoghi pieni di citazioni poetiche ed espressioni letterarie? Eppure, nel corso del film, non ho potuto fare a meno di sentirmi come un tappeto volante, trasportato in un mondo di eccessiva autoreferenzialità.
In quanto ai "terrificanti e misteriosi eventi", sono quasi tentato di mandare un telegramma a Scooby-Doo per chiedere il suo aiuto. Non ci sono né spaventi né svolte sorprendenti; tutto sembra solo un pretesto per farci immergere in un sogno di romanticherie e citazioni da salotto. Anche il gatto nero che si aggira per la villa sembra annoiato quanto me.
Il regista ha evidentemente scelto uno stile visivo magnifico, ma ciò non può coprire la mancanza di sostanza. Ogni inquadratura sembra un quadro di un pittore rinascimentale, ma anche l'arte più bella può perdere il suo fascino se manca una trama coinvolgente.
Il film si conclude con una grande rivelazione, che potrebbe avere un impatto emotivo se solo avessimo avuto modo di conoscere meglio i personaggi. Ma non importa, abbiamo avuto la nostra dose di nobili con la testa fra le nuvole e i misteri fantasma che si dileguano come nebbia mattutina.
In sintesi, "Splendori e Maledizioni" è come un sonetto senza rime o una poesia senza metafore. Sembra una freccia lanciata dal nostro giovane poeta: ambiziosa, ma alla fine, finisce per cadere senza colpire il bersaglio. Se amate le magioni maledette e le elucubrazioni poetiche, allora questo film potrebbe essere la vostra tazza di tè. Ma se cercate una trama avvincente e una vera emozione cinematografica, potrebbe essere meglio cercare altrove. Alla prossima recensione, cari amanti del cinema!
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