Regia di Fritz Lang vedi scheda film
Se il compito dello scrittore di gialli è creare l’intreccio, quello dello sceneggiatore di un thriller è far sì che siano i personaggi stessi – e non il romanziere – a intricare, analizzare e sbrogliare le varie situazioni. Il cinema puro vuole, infatti, che la prospettiva rimanga costantemente all’interno dell’azione, pur mantenendo la completezza e la coerenza del racconto, senza mai ricorrere al comodo espediente della visione d’insieme o alla scorciatoia del commento affidato ad una voce fuori campo. Solo in questo modo l’immagine filmata può conquistare la propria indipendenza rispetto alla parola scritta, ed acquisire una fisionomia autonoma, basata sui limiti (l’assenza della persona narrante) e sulle risorse (il linguaggio visivo) che fanno della settima arte una disciplina complementare rispetto alla letteratura. In questo film, il punto di vista è, in ogni istante, quello di uno dei due “assassini” che, con le loro psicologie instabili e le loro piccole sfortune, contribuiscono, alternatamente, a mettere in pericolo il delicato impianto del loro complotto, accrescendo via via la suspense. Tale raffinatezza tecnica si addice perfettamente alla penombra caratteristica delle opere di Fritz Lang, eternamente tenute sotto assedio da una sinistra verità che, dal retroscena della storia, preme insistentemente per venire a galla. In questo caso, i punti deboli della parete di fondo, che rischiano di cedere sotto le ripetute spinte dell’implacabile spettro del segreto, sono proprio i due protagonisti: i loro numerosi passi falsi ci accompagnano, lungo tutta la vicenda, come i ripetuti scricchiolii che preannunciano il boato della deflagrazione, della frana, dello sfondamento della diga. Eppure c’è un qualcosa, sospeso nella storia, che riesce abilmente a contenere le scosse date alla fragile struttura, e a prevenirne il crollo. Si tratta, forse, di quell’insieme di barriere mentali, di cecità emotive, di pigrizie intellettuali che sono refrattarie all’evidenza e alla semplicità della logica, impedendo loro di avere gioco facile nelle teste degli investigatori. Questa paradossale ritrosia a prendere in considerazione le risposte più ovvie ed accessibili, quelle che si trovano a portata di mano, è il principale ostacolo al successo di un’indagine: La donna del ritratto ci ricorda che, soprattutto nei casi più difficili, la soluzione non va cercata nell’intorno del problema, bensì nelle immediate vicinanze degli indizi.
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