Regia di Daniele Luchetti vedi scheda film
Un MacGuffin gigantesco (in italiano: sarchiapone) che si risolve in una narrazione abulica e inconcludente. Una trasposizione da Starnone dove Germano giganteggia (nonostante il pessimo trucco) con la storia tormentata di un indeciso
- spesso vittima - professore di lettere, tra donne che non comprende (e non comprendono) mai abbastanza.
Una ex alunna, futura genietta di matematica, ingolfata a fare la cameriera subito dopo il diploma, servendo spritz a vita, viene salvata dal nostro professore che se ne invaghisce, la porta a casa e la pungola per la laurea.
Un rapporto altalenante cui lei chiederà una prova d’amore definitiva: ad esempio lo scambio di segreti tombali mai confessati prima, ma non appena scambiate le confidenze, si spaventerà, mollandolo.
Segreti di cui non sapremo nulla per tutto il film ma mentre quello di lei lo immaginiamo veniale (“un giorno ho mischiato Barolo e Ferrarelle”), quello di lui lo supponiamo vagamente perverso visto come si preoccupa, qualche giorno dopo, della anomala presenza della Polizia nella scuola dove insegna.
Comunque tutto procede come in un qualsiasi filmetto di amene quotidianità, lui continua ad insegnare e scrive perfino articoli di pedagogia finendo nelle mire del Ministero e una collega, prof. di matematica (la Puccini in costante equilibrio tra il depresso e lo schizzato), se lo sposa dopo appena un paio di schermaglie; un’editrice licenziosa ne intravede le qualità didattiche ma ne coglierebbe anche il fascino mellifluo, la figlia devota (adoro Pilar Fogliati, anche quando appare appena..) vorrebbe assicurargli un riconoscimento alla carriera, ma lui vive nel timore che il “terribile” segreto venga svelato, ovviamente a livello di chiacchiera gossippara (hai ucciso, stuprato, seviziato, non hai mai perso una puntata di Terra Amara?).
Rimarrà dettaglio sconosciuto a pervadere l’intera pellicola, altalenandosi tra tormenti, musiche ossessive di Thom Yorke - quasi più fastidiose della storia -, sogni, desideri immaginati, salti temporali e salti nel vuoto (sempre disattesi).
Resta una durata smisurata, inserti evitabili, filosofia spicciola, rumori che distraggono le coppie in intimità, e poi ancora cornacchie, cartoni, sangue dal naso, limoni ammuffiti e rotolanti, a metaforeggiare la fedeltà dell’unico che, a ben guardare, sarebbe rimasto pure fedele.. e poi il parlarsi all’orecchio, quel confidarsi segreti mentre si è soli in due.. paura che lo spettatore senta eh?
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