Regia di Shohei Imamura vedi scheda film
Imamura (1926), due Palme d’oro a Cannes con “La ballata di Narayama” e “L’anguilla”, si distingue da altri maestri come De Oliveira (1908), Rohmer (1920), Resnais (1922) o Altman (1926) per una saggezza orientale, molto ma molto stravagante. La sua poetica: «Sono interessato alla relazione che c’è tra la parte bassa del corpo umano e la parte bassa della società». Lontano dai conformismi e vicino a chi vive il sesso con primordiale vitalità, Imamura attribuisce alla donna posto e ruolo centrali. La sua eroina ideale ha «altezza e peso medi, carnagione chiara, pelle vellutata, la faccia di una donna che ama gli uomini, materna, una sensazione di caldo, buoni genitali, un animo ricco e vivace». Una donna così tocca in sorte a Yosuke, impiegato disoccupato che, su consiglio di un vecchio “filosofo”, lascia la città per andare in cerca di un tesoro che non è una preziosa statua, ma, appunto, una donna, molto ma molto particolare. (Se non avete visto il film, non leggete oltre. Perdereste un’incredibile sorpresa.)
Saeko è una donna geyser. Accumula acqua e desiderio: e quando fa l’amore esplode lanciando dal ventre alti spruzzi e fecondando il canale sotto casa dove vengono a nutrirsi pesci d’ogni genere. Intorno a lei, altre presenze singolari: una nonna che scrive oracoli, un pappagallo, dei vecchi pescatori, un podista africano e il suo allenatore in bici.
Imamura è adepto di una religione antica (la storia di Seiko risale indietro nel tempo), insieme molto ma molto “bassa” e infinitamente cosmica. Gli amanti visitano una grande costruzione in cui la scienza cerca di catturare, con un immenso serbatoio d’acqua purissima, gli inafferrabili neutrini che nascono all’interno del sole, dentro la pancia della nostra stella. Ma i neutrini lasciano una minima traccia e fuggono via. Chi trattiene questa forza, nella sua pancia, in un ecosistema esuberante ed erotico, è Saeko: che la fa esplodere in un catartico flusso, panteistico e popolar-planetario. Imamura e Saeko ci invitano a percorrere strade d’acqua, tra pesci e tiepide fonti femminili. Che la Dea delle Acque Zampillanti ci conservi Imamura San per tanti altri film!
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