Regia di Shohei Imamura vedi scheda film
Sono ormai abituato a leggere sintesi fantasiose delle vicende dei film, cui seguono commenti necessariamente arbitrari, ma qui proprio film.tv, di solito abbastanza attento, è riuscito a sbagliare quasi tutto.
Yosuke, impiegato, resta disoccupato perché la ditta è fallita; costretto per risparmiare a vivere in provincia con moglie e figlio, si reca a Tokio nella vana ricerca di un altro lavoro, mentre la moglie lo sprona per telefono, lo considera buono a nulla, sollecita pagamenti... Passa a trovare l’amico Taro, un barbone soprannominato “filosofo”, ma questi è morto improvvisamente (lo vediamo morto all’inizio del film, ma lo rivedremo spesso, in ricordi o in apparizioni da fantasma che dà consigli a Yosuke). Racconta ciò che Taro gli aveva detto pochi giorni prima, di aver lasciato (dimenticato, non nascosto, precisa Taro) tanti anni prima un tesoro, una statua d’oro del Buddha, in un vaso in una casa presso un ponte rosso nella penisola di Noto. Gen, un amico comune, aveva sentito lo stesso racconto e lo crede inventato, ma Yosuke, senza lavoro e senza denaro e dopo i rimbrotti della moglie, ripensa a Taro, che lo aveva invitato ad andare a prendersi il tesoro, e ci va. Incontra Saeko, una bella ragazza; poi la rivede in un supermercato dove lei ... sta perdendo acqua, vergognosa, poi ruba un formaggio ed esce; lui vede che le è caduto un orecchino, la insegue per darglielo ma lei parte in auto. Lui rivede l’auto proprio davanti alla casa presso il ponte rosso, entra con la scusa di renderle l’orecchino, ma intanto lei confessa la sua vergogna, di avere dentro a sé l’acqua che la inonda fino alla gola e le esce abbondante e impetuosa; quando ciò le accade non può resistere all’impulso di compiere azioni trasgressive, rubare o fare l’amore con chi capita. Mentre lo spiega l’acqua sale e lei prende Yosuke e... lo innaffia impetuosamente, come mai le era capitato prima (o almeno così lei dice). L’acqua cola, irrora il gelsomino, scende al fiume dove arrivano molti pesci... A Yosuke questa doccia non è dispiaciuta affatto, né se ne stupisce, ma disapprova il fatto che lei rubi; lei lo chiamerà con segnali luminosi ogni volta che sale l’acqua, e lui corre a soddisfarla, anche per evitare che lei vada a rubare (o a cercare altri uomini). Per caso gli offrono un lavoro da pescatore, gli additano una pensioncina economica, e lui si ferma nel paese.
La storia che conta è questa, seguita da una parentesi di gelosia di lui che vede Saeko salire in auto con un altro uomo, mentre con lei ha smesso di zampillare. La parentesi è legata al passato, molto romanzesco, che noi scopriamo rapidamente ma in modo un po’ confuso, e Yosuke ancor più confusamente perché non assiste a certi commenti e chiarimenti che il regista riserva a noi (a chi li ascolta): Saeko ha una nonna, Mitsu, che come lei era stata bellissima e aveva la stessa caratteristica, per cui anche lei era costretta a unirsi a chi capitava quando l’acqua le saliva; molti anziani sono stati innamorati di lei, ma lei ha amato uno straniero, che per gelosia ha ucciso un altro uomo e poi è fuggito; risulta che quell’uomo è proprio Taro, lo sappiamo perché Gen capisce che Yosuke è venuto a cercare il tesoro e viene a cercarlo anche lui, entra di nascosto di notte nella casa, è sorpreso da Mitsu che gli chiede di Taro, gli dice Taro è il nonno di Saeko; quindi, chiede Gen, non era vera la storia del vaso? Era vera, risponde Mitsu, ma è stato svuotato da tanto tempo... Alla fine Saeko confermerà a Yosuke che anche la nonna aveva l’acqua e che “il tesoro nel vaso di cui ti hanno parlato doveva essere la sua acqua”; Ma Yosuke l’ha trovata in Saeko... ed è pur sempre il Buddha prezioso.
Anche Saeko ha avuto molti amanti innamorati di lei, fra cui uno straniero che per gelosia ha ucciso un altro... come ora Yosuke è tentato di fare a sua volta quando la vede con un altro... Ma tutto si chiarisce e il film conclude con una lieta esplosione d’acqua finale, con tanto di arcobaleno, mentre Mitsu, che rifiutava di vendere la casa e aspettava il ritorno di Taro, saputo della sua morte può finalmente morire.
Favoletta leggera, luminosa, narrata con garbo, godibile senza bisogno di cercare significati simbolici o allusioni politiche o istanze sociali, come molti hanno voluto fare.
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