Regia di Richard Eyre vedi scheda film
La vita della scrittrice di romanzi Iris Murdoch, donna inglese energica e fervente filosofa stroncata in età avanzata dall’alzheimer, si fa film dall’impianto teatrale, che percorre la biografia con lo spirito del romanzo di formazione, ma intelligentemente se ne distacca nell’intrecciare in parallelo la storia della Iris da giovane (interpretata da una notevole Kate Winslet) con quella della Iris da anziana (una grandissima Judi Dench); la sua storia d’amore nata quasi per caso con il timido professore John Bailey (interpretato, da anziano, da uno dei migliori attori inglesi in circolazione, Jim Broadbent), e diventata un matrimonio durato tutta la vita, si fa spunto per una nostalgica riflessione sul senso dell’esistenza e della devozione, con tocchi sfumati ed ellissi temporali, ma il regista Richard Eyre, acclamato autore di teatro inglese, scambia la bravura dei protagonisti con la profondità delle introspezioni, e non riesce mai a comunicarci fino in fondo il senso delle scelte di una donna che in sostanza ha sempre lottato contro il conformismo inglese (c’è anche un accenno alla sua presunta omosessualità) proclamando la libertà del pensiero e delle parole. E l’elegante regia getta un ombra di leziosità su quello che in sostanza è un piccolo film di grandi attori, prodotto dal furbo Anthony Minghella (quello del PAZIENTE INGLESE) e da Sydney Pollack, che dovrebbe commuovere e far riflettere su amori che non esistono più, ma di cui, alla fin fine, non ci importa nulla. Forse per colpa di qualche scivolata poetica di troppo. D’obbligo vederlo in versione originale, si capisce.
(Francesco de Belvis, Roma)
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