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Assassinio a Venezia

Regia di Kenneth Branagh vedi scheda film

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La recensione su Assassinio a Venezia

di YellowBastard
6 stelle

Nuova rilettura “alla Kenneth Branagh” del famoso detective creato dalla penna di Agatha Christie dopo Assassinio sull’Orient Express (2017) e Assassinio sul Nilo (2020), in questa occasione non viene affrontata uno dei capisaldi della scrittrice inglese, come nelle due pellicole precedenti, ma un suo racconto minore, sconosciuto al grande pubblico, dal titolo Halloween Party, in Italia come Poirot e la strage degli innocenti, romanzo dedicato originariamente allo scrittore e umorista P.G. Wodehouse e alla sua prima trasposizione cinematografica.

 

Tutti pazzi per Assassinio a Venezia (kqvv)

 

Arrivato ormai al terzo film della serie, Kenneth Branagh smette di seguire fedelmente i libri e inizia a cercare la propria strada arrivando non solo a cambiare location, ambientando la vicenda a Venezia invece che nella campagna scozzese, ma anche la storia, i toni e le finalità drammaturgiche.

In questo senso converrebbe partire proprio dal titolo originale del film, A Haunting in Venice, con il termine "haunting" che evoca case stregate e infestazioni di spettri e altre entità soprannaturali, non soltanto in quanto elementi strettamente legati alla festività di Halloween ma anche/soprattutto come dicotomia fondamentale dell’opera, sintetizzandone i temi e anche lo stile.

 

Infatti, Branagh e lo sceneggiatore Michael Green pur partendo dall’opera originale si divertono a smontarlo pezzo per pezzo per poi rimontarlo assieme a suggestioni prese in prestito da altri racconti (L’ultima seduta spiritica) e aggiungendovi anche interpolazioni più personali, l’intreccio infatti non è scritto con la consueta precisione, alla Agatha Christie, per dire, mentre viene lasciato invece maggiore spazio e attenzione al lavoro su ambientazioni e luci includendo nel racconto altri generi, come il cinema di tensione (soprattutto) o l’horror.

 

E impostando l’opera come un horror (molto) mainstream, Assassinio a Venezia conserva poco o quasi nulla dei film precedenti e, tolte le riprese grandangolari e i primissimi piani sacrificandone le simmetrie in favore di composizioni più struturate, sfrutta invece proprio la grammatica del cinema di genere, anche italiano (Dario Argento e Pupi Avati), sia come fotografia (Haris Zambarkoulos), musica (Hildur Guonadottir), scenografia (John Paul Kelly) o montaggio (ad opera di Lucy Donaldson).

 

Assassinio a Venezia, la recensione del film di Kenneth Branagh

 

A partire da un uso meno scontato, meno da cartolina e più dark, delle location veneziane e da soluzioni visivamente più intriganti, trovate che vivono più nella composizione e nel posizionamento dell’inquadratura, nel gioco cromatico o nell’illuminazione degli ambienti che non in quelle narrative, privilegiando inquadrature dall’alto e carrellate in primo piano, con l’intenzione anche di distorcerne le dimensioni spaziali, per un impianto (deliberatamente) sbilenco e inedite atmosfere gotiche che procedono di pari passo con le paure del suo protagonista, il quale appare meno scontato (posticcio?) del solito.

 

Una svolta rispetto alle opere precedenti, anche e soprattutto perché, in questo modo, vengono meno gli orripilanti green screen dei film precedenti sostituiti, finalmente, da scenografie reali, scegliendo anche di enfatizzare il più possibile tale scelta rendendo la casa la vera protagonista della vicenda o il personaggio, probabilmente, più importante del racconto, con una sua storia, una sua geografia e una struttura che si sviluppa e si rivela agli occhi dello spettatore man mano che la vicenda prosegue rendendola davvero tangibile e, quindi, vera.

 

E se Assassinio sull'Orient Express appare votato al ghiaccio e al freddo raziocinio del suo investigatore ma anche di una glaciale vendetta da parte di un’umanità collerica e giustizialista, mentre il suo seguito Assassinio sul Nilo, quasi in antitesi al primo capitolo, è marchiato a fuoco dal sole abbagliante del deserto, anche attraverso scelte fotografiche virate prevalentemente sul rosso, e quindi dalla passione emotiva e dalle relative implicazioni ossessive, il tema principale di questo terzo capitolo è invece l’acqua, simbolo di vita e morte ma anche vincolo di passaggio (e di resurrezione) o di trasformazione, a partire dallo stato d’animo di un Poirot mai così incerto e propenso e ricercare un qualche genere di fede dopo una vita vissuta nella fredda logica.

 

Assassinio a Venezia: trailer, trama e cast film A Haunting in Venice

 

E non e un caso che la vicenda si svolga quindi durante la Vigilia di Ognissanti (un po' forzatamente, data l’ambientazione italiana, giustificabile, in parte, dalla natura anglosassone dei protagonisti), festività luminare per antonomasia dove il confine tra l’aldilà e il mondo dei vivi si assottiglia, ed è proprio su questo che gioca tutta la pellicola.

In fondo Branagh ha da sempre più confidenza con le storie umane mostrandosi invece molto più a disagio con l’azione e il ritmo.

 

Anche il cast formato da personaggi famosi, come da caratteristica della serie, questa volta è molto meno invasivo, meno disponibile a riempirlo di attori il più famosi possibili, presentando invece volti meno “noti” ma assegnati più coerentemente, e rendendo in questo modo decisamente più scorrevole l’interazione tra personaggi, senza che qualcuno debba per (contratto?) forza risaltare rispetto agli altri.

E oltre a Kenneth Branagh, ancora (ovviamente) nel ruolo di Poirot, troviamo infatti Kelly Reilly, attrice britannica solo occasionalmente cooptata dal cinema americano (ma protagonista del serial di successo Yellowstone), Jamie Dornan e il giovane Jude Hill, ancora padre e figlio dopo esserlo stati anche in Belfast, precedente pellicola di Branagh, la fresca vincitrice del premio Oscar Michelle Yeoh, Tina Fey, il nostrano Riccardo Scamarcio, Emma Laird, Kyle Allen e Camille Cottin.

 

Assassinio a Venezia, film 2023: trama, cast, uscita, trailer e curiosità -  Gamesurf

 

Questo terzo film ispirato ad Hercule Poirot è senza dubbio il suo più personale ed originale, mostrando tutto l’amore di Branagh per l’arte, la lirica e il teatro ma la sua parte più deficitaria è proprio la sua componente investigativa che si rivela troppo farraginosa, cervellotica con una risoluzione troppo fantasiosa e piuttosto scontata.

 

VOTO: 6,5

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