Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Forse Lanthimos, per “tipo di gentilezza”, intende anche quella che l’utente può riservargli giungendo fino al termine della sua pellicola.
Personalmente l’ho mantenuta ancora questa gentilezza, se non altro divertendomi e constatando come il cinema presuntamente disturbante, sviante, di Yorghos, si attorcigli ancora una volta su se stesso, dovendo addirittura dividersi in tre storie, vista la loro pochezza singola e, paradossalmente, conciliando le tre sceneggiature strampalate coinvolgendo gli stessi attori e azzerando Jesse Plemons, solitamente molto più espressivo (il premio a Cannes devono spiegarmelo: catatonico coi baffi nel primo espisodio, catatonico senza baffi nel secondo, rapato ed espressivo come un manichino nel terzo).
Il primo episodio vede un completo idiota che ha votato l’intera esistenza a obbedire al suo capo cercare di recuperare “dignità”.
Nel secondo un poliziotto depresso, tossico e psicopatico crede di non riconoscere più la moglie sopravvissuta ad un naufragio.
Nel terzo gli adepti decerebrati di una setta (un Midsommar dei ricchi) cercano la prescelta con le capacità di resuscitare i morti.
Scelte assurde tutte calate in una realtà dall’apparenza normale: quindi via a botte di follia spesso tollerate oltre ogni limite: le mogli che sopportano tutto, il poliziotto psicotico da rinchiudere da tempo, adepti di sette schizzate che vagano per un mondo “normale” dove ogni eccentricità malata viene consentita.
Emblematico il sogno/metafora di una società dove i cani si comportano da umani e gli uomini da animali: si può cogliere un’allegoria verso il cocker di Lanthimos che probabilmente avrebbe girato meglio questo film con una cinepresa sistemata al collare. Ed infatti plauso ai titoli di coda del secondo episodio che da soli valgono l’intero film, e facilmente anche qualche altra pellicola lanthimosiana.
Purtroppo anche il solito balletto sincopato e scomposto - un classico di Yorghos – lascia il posto a qualche passo deludente e fin troppo convenzionale di una Emma più vestita del solito.
Il problema principale di Lanthimos è che questo voler eccedere in paradossi e stravaganze calando il tutto in una chiave conformista può reggere una mezz'oretta, è sopportabile episodicamente.
Renderlo strutturale, l’assurdo, finisce per infastidire, come il dottorino che tranquillizza il poliziotto schizzato.. oltretutto mi togli anche la regia solitamente virtuosa e arzigogolata riempiendola di vuoti inutili e i consueti inserti musicali ossessivi, ma anche questi meno incisivi del solito - durata davvero eccessiva -.
Rifare Yorghos caro. Magari con qualche cane attore in più.
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