Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film
Tre storie grottesche, che vanno al di là dell'incredibile e apparentemente scollegate tra loro, si incrociano lungo la traiettoria di un uomo qualunque.
Tre mediometraggi della durata di quasi un'ora ciascuno, con gli stessi interpreti rimescolati di volta in volta e l'unico filo conduttore rappresentato da un personaggio minore, una persona qualunque che non fa nulla di eccezionale: Kinds of kindness è un'opera monumentale e indubbiamente coraggiosa (rimanere seduti in sala per due ore e tre quarti è senz'altro un atto di fede nei confronti del regista – specie se il cinema decide di non fare intervallo) e, forse, il colossale e magniloquente atto conclusivo della cosiddetta greek weird wave (o il suo rilancio verso una nuova dimensione?), l'ondata di pellicole e cineasti ellenici che hanno stupito, innovato e perfino stravolto i canoni della settima arte a partire dalla fine del primo decennio del XXI secolo. Lanthimos, punta dell'iceberg di tale movimento, ha provato a realizzare qui un film completamente aderente ai canoni del suo primissimo cinema, quello che lo ha reso popolare a livello internazionale, ma con mezzi e attori hollywoodiani, proseguendo insomma e raffinando ciò che già aveva fatto in The lobster (2015) e Il sacrificio del cervo sacro (2017). Kinds of kindness è puro grottesco fin dal titolo, una specie di triplice parabola sul ritorno e sul malinteso, argomenti al centro della contemporaneità sviscerati con l'ineffabile profondità di sguardo e la spigolosa volontà di stupire, deviare il discorso e togliere qualsiasi punto di riferimento che appartiene a un eccellente sceneggiatore quale Efthimis Filippou, la cui firma sul copione si accosta a quella del regista. Nemmeno a dirlo, poi, Emma Stone è un'interprete straordinaria, ma in questo lavoro tutto il cast funziona a meraviglia: Willem Dafoe, Margaret Qualley, Jesse Plemons, Hong Chau, Mamadou Athie e, last but not least, Yorgos Stefanakos, Al di là di qualsiasi personale interpretazione, cercare un senso oggettivo, definito e concreto a Kinds of kindness è inutile e lo è parimenti provare a riassumere le tre storie raccontate nel film: tutto è sfuggente, la linea narrativa viene spezzata da frammenti onirici, ricordi, proiezioni, divagazioni assortite; vita e morte si accavallano di continuo, gioia e disperazione si confondono esattamente come gli attori, che cambiano pelle di segmento in segmento. In definitiva si potrebbe dunque affermare che ciò che Lanthimos vuole è semplicemente generare sensazioni, stimolare lo spettatore, suggerire senza effettivamente dire. E in tutto questo è ormai un riconosciuto maestro. 8/10.
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stai andando controcorrente ai giudizi che appaiono in questi giorni...penso pure io che voglia stimolare lo spettatore....a me Lanthimos ha sempre dato tutto questo...
Sai che non ho letto nulla, Ezio? Mi sa che devo recuperarmi un po' di critiche, allora. A me è piaciuto molto, ma posso capire se a qualcuno un film del genere possa sembrare un mattone indigesto...
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