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Kinds of Kindness

Regia di Yorgos Lanthimos vedi scheda film

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La recensione su Kinds of Kindness

di giobba
5 stelle

LA GENTILEZZA ALLA MANIERA DI LANTHIMOS 

 

L'ultimo film di Lanthimos, Kinds of kindness, è un ritorno al passato e alla collaborazione con lo sceneggiatore E. Filippou, nonché ai contenuti assurdi e nichilisti dei suoi primi film.

 

Non potevo quindi che approcciarmi al film con entusiasmo, contento di ritrovare lo stile cinico e glaciale di un regista che coi suoi film mi ha letteralmente rubato cuore e cervello.

 

Eppure questa volta qualcosa è mancato e sono uscito dalla sala perplesso e un po' deluso.

 

La soluzione del film a episodi, infatti, sembra voler compensare la mancanza di un'idea compiuta per un unico lungometraggio e, in fin dei conti, le tre parti potevano pure essere ulteriormente asciugate e realizzate in tre distinti cortometraggi (cfr il bellissimo Nimic).

 

Allo stesso tempo però risultano essere tre episodi incompiuti, manchevoli di approfondimento e che, forse, con uno sforzo di creatività in più sarebbero potuti diventare tre film a sé stanti.

 

Insomma, ne esce una mediazione (un lungo lungometraggio suddiviso in parti autonome) che non è né carne né pesce e che si nutre di poche idee già sviscerate dal regista nei suoi film passati.

 

Kinds of Kindness, come già proclama il titolo, esplora diverse forme della gentilezza, scavando al loro interno e mostrandone nietzschanamente il loro risvolto più oscuro: si va dall'uso della gentilezza come strumento di controllo e manipolazione fino al suo rovescio, la gentilezza come espressione di sottomissione e sudditanza.

 

Ci sono diversi spunti interessanti, qualche genialata pure, la regia è un perfetto esercizio di controllo e geometria, le musiche dissonanti e ossessive sono da brividi, il cast coi fiocchi , ma stavolta il film sembra girare a vuoto, senza mai toccare i picchi espressivi raggiunti in passato.

 

A differenza che in Dogtooth, The lobster e Il Sacrificio del cervo sacro, qui Lanthimos sembra non voler mai davvero osare e si mantiene costantemente nel territorio del già detto e del didascalico.

Provoca e disturba sì, ma del tutto dall'interno della sua confort zone (che sarà ben poco confortevole per il pubblico che ha scoperto Lanthimos con Povere Creature!): la sensazione di manierismo déja vu è costante lungo tutto il film.

 

E se i primi due episodi sono in fin dei conti interessanti e crudeli al punto giusto (per quanto non particolarmente originali nei temi), il terzo, forse il più ermetico dei tre, mi è sembrato invece vuoto e piatto per tutto il suo svolgimento.

 

Un peccato e una piccola delusione ma effettivamente, avevo aspettative inverosimili io, nel pensare che a così breve tempo di distanza da Povere creature!, Lanthimos avesse potuto partorire l'ennesimo capolavoro.

 

La scena più bella, quella sì imperdibile, sono i titoli di coda al termine del secondo episodio. In quei pochi secondi ho riavvertito lo spirito genuinamente folle e sovversivo del Lanthimos che più mi piace.

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