Regia di Étienne Chatilliez vedi scheda film
La nascita di un figlio è una rivoluzione e Paul ed Edith Guetz, estasiati al loro esordio come genitori, vorrebbero che il pargolo rimanesse con loro per tutta la vita. Tanguy, intorno ai trent’anni, brillante, diligente, consulente del ministro, master in filosofia, con un giapponese fluente, una tesi di cinese da consegnare e un futuro impiego a Pechino, li prende alla lettera e vuole battere Proust, rimasto con i suoi fino a 35 anni. Proverbi orientali, colazioni nella grande cucina, fidanzate provvisorie e storiche che si alternano nel letto, invasione morbida alle feste e alle cene con amici di mamma e papà. Recita il saggio cinese: «Una volta che la chiami mamma, resta mamma per sempre». Edith, agitata, si sfoga dall’analista, ha un singhiozzo-rigurgito sintomatico. Il figlio, con molti sensi di colpa, le sta sullo stomaco e insieme al marito prima cercano di disgustarlo con dispetti d’ogni genere (i genitori moderni potrebbero trarne ispirazione) e poi gli impongono ritmi, pasti, baby-sitter come se Tanguy fosse un bambino. Finiscono in tribunale e dall’Oriente arriverà la soluzione. Partito il figlio, resta, però, una nonna da accudire. Garbata, deliziosa, frizzante commedia borghese sul conflitto degli affetti. Più sociologica che psicologica. Più sagace fondo di costume che elzeviro snob. Eccellenti gli attori e accorta la regia.
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