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Tanguy

Regia di Étienne Chatilliez vedi scheda film

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La recensione su Tanguy

di PompiereFI
6 stelle

Tanguy (un bislacco Eric Berger) è un 28-enne parigino che non se ne vuole andare di casa. Fa finta di riflettere sul suo futuro e procura delle ulcere al padre e alla madre che sulle prime si commutano in leader indulgenti. Il loro “caro ragazzo” non ha una situazione sentimentalmente stabile, è un rubacuori incallito, sdolcinato e noiosamente gentile, con tanto di scintillante master in filosofia.

Il “Pechinese”, come viene ribattezzato dalla nonna a causa del suo smodato interesse per la cultura cinese, non ha intenzione di lasciare il nido. Tuttavia è un soggetto perfettamente in grado di capire le necessità altrui, di pensare e di ridere nonostante si trovi di fronte a imprevisti non proprio piacevoli. Da questa situazione in bilico, sono i genitori che “pagano” andando in analisi (da non perdere le sedute di una svagata e ridente Sabine Azéma che lascia il segno grazie alla scena cult dell’aspirapolvere), aspettando che Tanguy acquisti la sua autonomia.

Quello a cui assistiamo è un cinema francese dotato di eleganza che ci fa sorridere e meditare. In particolare gli attacchi di panico a cui è soggetto Tanguy, rappresentati come estremo tentativo del figlio per attirare l’attenzione su di se’, visto che dichiara di non essere pronto psicologicamente, sono un estremo ricatto sentimentale che costringe tutti a riunirsi ma pongono l’accento anche sulla ferocia e la cattiveria di certi insolenti e spietati distacchi genitoriali.

La prima parte, quella con la madre più caustica e combattiva, è consistente, ricca e assolutamente spassosa, eccede in rilievi frizzanti e tempi perfetti. Fa seguito una seconda frazione con un padre animale feroce (un burlesco André Dussolier) che urla un po’ a sproposito qualche parolaccia, finché la pellicola non si fa tentare quasi da una polar-situation e sconfina inutilmente nella black-comedy mostrando il fiato corto. Resta buona l’idea di inserire una dose un po’ surreale, da vera commedia paradossale, dove i genitori arrivano perfino a comperare una culla e un grembiule da asilo.


Presieduto alla regia da quell’Etienne Chatiliez che aveva diretto “La vita è un lungo fiume tranquillo”, “Tanguy” combina opportunamente le chances sociologiche al proprio arco.  Finale un po’ troppo consolatorio, insufficientemente corrosivo e inspiegabilmente debitore nei confronti della Cina, con addirittura uno spottone sulla candidatura di Pechino alle Olimpiadi 2008 che tradisce tutta l’impalcatura fin lì costruita sull’ambivalenza dei rapporti familiari e il loro compararsi in modo assolutamente disdicevole nonché ammirevolmente sprezzante.

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