Regia di Michael Mann vedi scheda film
Il ragazzo corre,si lancia verso nuovi capitoli,d'una vita scritta da se stesso.
E intanto boxa dinanzi ad una palla e ricorda......
Ricordi infantili d'un padre pittore d'icone sacre,di chiese battiste dai Gesu' biondi e con gli occhi azzurri.Il piccolo Cassius guarda una foto sul giornale,d'un giovane brutalizzato nel corpo,solo per uno sguardo rivolto ad una donna bianca.
E' di colore quel bimbo,oggi è Cassius Clay,domani sara' ALI'.
Ali' "il piu grande" e degno di lode,d'una vita libera anche nelle cadute.Ma poi ci si rialza e ricomincia,sempre al centro del ring,a suggellarne luci ed ombre d'un talento massimo.
E' cosi' che Mann ci presenta Ali',il piu' grande ed iconico pugile di sempre.Una vita degna d'essere menzionata e raccontata da immagini che sembrano disegnate da Dio in persona.
La prima mezz'ora è cosi',un "karma" registico indissolubile,un movimento perpetuo d'un icona dichiarata.
La macchina da presa concilia il movimento atletico,flessuoso e mai ordinario,si sposta e muove di conseguenza,che sia fissa,in piano sequenza o in steadycam.
Mann direziona la visuale d'un cinema potente nella narrativa, ci schiaccia nel virtuosismo d'immagini barocche,dove la fotografia patinata è in sintonia col periodo storico.
L'arco di tempo è a cavallo tra il 1964 e il 1974,un vivido periodo nella storia americana,tra le rivolte dei neri,movimenti "black muslims,o power" e la guerra del Vietnam.
Ali' si trova nel "sentiero di mezzo",nell'onta veritiera della sua voce sbruffona,dell'enorme presenza scenica,e in un carisma che attira le masse.
Ho scritto della prima mezz'ora del film,dove il contrasto animo/immagine è in sintonia con l'esigenza registica del suo autore.
Mann trasmette l'energia/sinergia corpo/mente,strutturandola su di un livello alto,momenti di puro cinema antico-moderno,dove l'immagine diviene un angolo di memoria.
Il tutto pero' clamorosamente scema col susseguirsi dei minuti.
La parabola umana di Ali' è destinata a perdersi in un nugolo di pretese "umanistiche" che cadono del vuoto.
La narrativa è buona nello scritto,ma manca l'empatia e il soffio emozionale,che in vicende simili fanno la differenza.
Il lavoro di Mann è come sempre stupefacente nel ritmo delle immagini,nella cura esigente dei dettagli,e nella ricostruzione scenica.
Peccato che manchi al film un respiro "politico/sociale",emblematico nella vita di Muhammad ALi'.
Si è sempre stati a conoscenza della "riluttanza" di Mann verso certe tematiche,dove la preferenza del regista è sempre andata verso il tormento interiore e l'introspezione delle sue figure.
In Ali' non che tutto cio' manchi,ma vive su di una superficie piatta e lenta.Non ho mai amato Will Smith, nonostante la somiglianza e le "phisique du role",manca del carisma necessario per un ruolo cosi' impegnativo.
Efficace nella movenza fisica,imperturbabile nell'emozione,Smith concede le sue espressioni stucchevoli al servizio d'una regia e narrativa che odorano di storia.
Ali' è un film a meta',proprio nella concessione della sua forza visiva,contrastata dalla debolezza del "cuore".
Un opera che non entra o scende a patti con lo spettatore,nonostante la ricchezza di temi che propone.
Talento,religione,tormenti ed emozioni non hanno il respiro iconoclasta e fortunatamente nemmeno agiografico.
Il rischio sarebbe stato dietro l'angolo,magari uno Spike Lee avrebbe calcato la mano su certi elementi,col pericolo di ritrovarsi una storia "santificata".
Mann evita tutto cio',si affida all'estetica curata,tralasciando le onde emotive.
Peccato perchè sollecitando il "cuore" anzichè la "patina",Ali' sarebbe stato monumentale come opera.
Fortunatamente gli ultimi 15 minuti si riallacciano al magnifico inizio,l'incontro con George Foreman è una lode al cinema.
Un tripudio registico imponente e avvolgente come lo stadio e le comparse che lo ospitano.
E' l'unica parte del film (insieme alla prima) dove anche grazie ad una fantastica colonna sonora si respira il "calore" umano.
E in una storia cosi' questo conta di piu' di ogni altra cosa.......
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