Regia di Otar Ioseliani vedi scheda film
Eccezionale film del maestro georgiano. Anche in questo film ci sono tantissime trovate divertenti-surreali tra le quali: le scene prima dell'entrata in fabbrica e a casa prima di andare a lavorare,un operaio che nella fabbrica si mette una sigaretta accesa in tasca, comunicazioni via telegrafo, la moglie nervosa che a letto si guarda la tv, un nero (figura sempre presente nei film del georgiano) che spinge giù per la discesa una carrozzina con sopra un vecchio che poi, tra l'altro, vedremo spesso andarsene in giro camminando, un giovane prete guardone dotato di un cannocchiale, gente che va in bagno per leggersi un libro più che per fare i suoi bisogni,un coccodrillo catturato da due bambini e lasciato libero per il giardino, un uomo che fa il portinaio travestito donna, suore che coltivano l'orto con le gambe scoperte e tante altre bellissime scene e trovate registiche come, acnhe, la piccola parte dello stesso Iosseliani a Venezia che è davvero molto divertente. Andando ad analizzare il film per bene, vediamo che all'inizio tutti che fumano, prima, dopo e pure durante il lavoro; fumano prima di entrare nella corriera e quando ci escono poi, fanno pochi metri a piedi e prima di entrare in fabbrica, dove c'è un enorme cartello che vieta di fumare, la spengono. Quando entriamo in fabbrica vediamo che dentro c'è fumo dappertutto, non solo di sigaretta ma fumo di qualunque natura che ci fa capire questa ossessione, questo tabagismo che è metafora della angosciosa vita quotidiana. Il regista in questa prima parte del film non fa altro che seguire sempre la sigaretta e il fumo in clima surreale ed ironico. Questo film ricorda, ancora una volta, maestri del calibro di Bunuel e di Tati (in particolare questo film ricorda di più quest'ultimo), ciò è evidente in molte scene come per esempio quella di quando il protagonista torna a casa da lavoro per la prima volta; quando torna a casa con la macchina prima di tutto noi vediamo la camera che segue il trattore che poi passa in secondo piano perchè la cinepresa lo lascia stare per occuparsi dell'automobile del protagonista e in questo ricorda il tocco registico di Bunuel ma, l'azione non è finita, la macchina dell'uomo a questo punto torna a casa, lui scende e si mette le ciabatte verdi che la mattina aveva lasciato proprio in quel punto e questo ci ricorda, nel modo in cui viene strutturata la scena in un contesto spazio-temporale, la comicità d'osservazione di Tati. Questa ritualita, che poi si ripete anche il lunedì mattina successivo (solite ciabatte, solito trattore e la solita gente che fuma prima, dopo e durante il lavoro)però, questa volta si rifiuta di entrare in fabbrica a lavorare e, come in "c'era una volta un merlo canterino", se ne va in un campo verde nel quale rilassarsi (fumando però la sua solita sigaretta) e godersi il paesaggio. Il personaggio quindi, sceglie la via dell'anarchia, del rifiuto delle regole e delle imposizioni della società. Se ne scapperà via e sceglierà come prima meta Venezia dove farà vari incontri e dove dipingerà un pò; da notare che il protagonista da quando è scappato di casa non fuma più tanto come prima perchè, nella poetica di Iosseliani, il fumo è unsimbole borghese, o meglio, della sopraffazione che ha la società borghese sull'individuo, quindi rende tristi e nervosi mentre, il personaggio si metterà a bere che è, invece, un simbolo di allegria (basta pensare ai barboni allegri con in mano il fiasco di vino di tanti suoi film). Però, passata un pò di tempo a Venezia torna, anche lì, lunedì mattina e tutto ritorna allo stesso modo di quando era venuto, incontra le stesse persone, tra le quali il ladro che gli aveva rubato il portafoglio, la signora del treno a cui aveva portato le valigie, l'uomo che gli dà un passaggio in barca e lo stesso personaggio di Iosseliani che va a farsi fare un altro ritratto. Addirittura anche a Venezia si ripete la routine della sigaretta prima del lavoro in fabbrica, gli operai che scendono dalla corriera accendendosi una sigaretta che spegneranno prima di entrare in fabbrica. Iosseliani ci fa capire, con il suo tocco ironico e macchinoso, quanto, poi, la vita sia inutile nella sua monotonia e nel suo rimanere sempre uguale. L'unica soluzione è la fuga, scappare dalla quotidianità ed andare ogni settimana in un posto diverso, scappare prima che la monotonia ti distrugga; così fa il nostro personaggio che se ne va un pò dappertutto passando per Venezia e l'Egitto e, mandando cartoline e dipinti a casa, che la moglie puntualmente strapperà! Quando ritorna a casa nel finale, tutto è rimasto com'era e la moglie non lo saluta nemmeno e gli dice subito che deve fare dei lavori in casa come riparare il tetto perchè la grondaia è piena di melma, allora lui si accende una sigaretta; la mattina seguente è lunedì e bisogna andare a lavorare di nuovo e vediamo sempre il solito rituale delle ciabatte verdi e il solito trattore che se ne va via. La realtà ha sconfitto il sogno, ha battuto l'utopia! Un film che, alla fine se ci pensiamo bene, è tristissimo e totalmente pessimista che parla della solitudine dell'uomo nella monotonia del suo patetico vivere; Iosseliani ha nascosto questo suo pessimismo con l'ironia e lo stile rendendolo, per questo, ancora più profondo e radicato dentro lo spettatore!
Piccola parte fatta bene.
L'attrice feticcio di Iosseliani, che abbiamo già visto in molti film del georgiano, fa ancora ancora una grande prova. Una caratterista eccezionale.
Non una parte importantissima ma ha recitato con efficacia.
Bravissimo. Un protagonista sofferto nella sua quasi indifferenza.
Regia sublime premiata con l'orso d'argento a Berlino. Nei film di Iosseliani si parla sempre poco e qui sta la sua grandezza, nei duoi film contano le immagini, ciò che si vede si commenta da sè, senza bisogno di futuli e, alle volte, fastidiose spiegazioni.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta